Era solo qualche mese fa, ma sembra molto di più. A ottobre scorso sette tra le maggiori associazioni cattoliche (Acli, Cisl, Cdo, Confartigianato, Coldiretti, Confcooperative, Mcl) si riunirono a Todi. Se non fu un’estrema unzione per il berlusconismo ormai pericolante, poco ci mancava. L’appello che dal convento di Montesanto Raffaele Bonanni lanciò per un esecutivo più forte si sommò al montante malumore dei vertici ecclesiali per le rivelazioni sulle notti di Arcore, si saldò alle pressioni domestiche ed internazionali per lo spread italiano in ascesa, si mescolò all’implosione di una maggioranza sempre più sfarinata. E, alla fine, Berlusconi lasciò il passo a Mario Monti. Nel Governo entrarono – con la benevolenza del Vaticano e l’assenso della Cei – tre personalità di Todi: Corrado Passera, Andrea Riccardi e Lorenzo Ornaghi. Tra vescovi e cardinali più d’uno tirò un sospiro di sollievo, sperando che la nuova stagione facesse ripartire l’economia, portasse al "disarmo" della politica tanto invocato dal presidente Cei Angelo Bagnasco. E favorisse, magari, un più articolato impegno dei cattolici in politica.
Ora, a ridosso del primo test elettorale dell’era Monti, quell’ottimismo si è dileguato. Il quadro politico è ancora troppo in fermento perché Bagnasco, Bertone o altri ‘big’ della Chiesa formulino previsioni che superano il periodo di vita del Governo Monti. O, tantomeno, benedicano pubblicamente questa o quella iniziativa post-Dc, dall’azzeramento dei vertici dell’Udc ai movimenti attorno a Beppe Pisanu nel Pdl al malumore di popolari di Beppe Pisanu nel Pd. La crisi, poi, morde. La pesante pressione fiscale ha suscitato più di un dubbio nei vertici ecclesiali, preoccupati che la crisi danneggi ancora di più famiglie e occupazione. In assenza di un’alternativa chiara, il Governo Monti gode ancora della fiducia di Cei e, soprattutto, Vaticano, ma tra i maggiorenti della Chiesa cattolica prevale ora l’attendismo.
Todi, intanto, è un ricordo lontano. Le sigle di quell’appuntamento sono andate in ordine sparso. La Compagnia delle opere, in particolare, è lambita dalle indagini della magistratura milanese sul ‘sistema Formigoni’, le Acli, che hanno appena riconfermato come presidente il giovane e intraprendente Andrea Olivero, si sono smarcate dal rischio di un eccessivo "moderatismo", la Cisl è troppo coinvolta nelle trattative su mercato del lavoro e articolo 18 per pensare ad altro.
Quanto ai vertici dell’episcopato, una strategia politica di lunga gittata fatica a prendere forma. Di certo la Cei ha cancellato, quasi impercettibilmente, il Forum di Todi dal novero dei suoi interlocutori. E, archiviato il ruolo centrale svolto negli anni scorsi da sigle ‘tematiche’ come Scienza e vita (molto attiva su temi bioetici come il referendum sulla procreazione assistita o la vicenda di Eluana Englaro) e il Forum delle associazioni famigliari (promotore del Family day del 2007), sembra puntare piuttosto ad una strategia di lungo periodo, fondata sul rilancio delle scuole diocesane di formazione politica. Se a Milano anche il cardinale Angelo Scola osserva la scomposizione del ‘sistema Formigoni’, a cui è stato a lungo legato per il comune passato ciellino, il modello ideato dal cardinale Camillo Ruini – un "impollinamento" di tutti i partiti con cattolici ‘doc’ – non è stato rilanciato dai vertici attuali della Conferenza episcopale italiana. Forte della recente riconferma alla guida della Cei per il prossimo quinquennio, nel corso degli ultimi mesi Bagnasco ha invece sempre più delineato una strategia che coniuga un deciso riferimento ai "principi non negoziabili" (vita, famiglia, educazione) con una forte sensibilità sociale – acuita dalla crisi economica – per il mondo del lavoro, genovese e nazionale.
Preoccupato dall’anti-politica e dall’astensionismo, determinato a dar seguito all’appello del Papa per una nuova generazione di cattolici nella vita pubblica, ansioso che il sistema dei partiti imploda tra scandali e irresolutezza, Bagnasco ha ripetuto, nell’ultima prolusione al consiglio episcopale permanente, la necessità di "rinnovare i partiti, tutti i partiti: non hanno alternativa se vogliono tornare – com’è fisiologico – a essere via ordinaria della politica ed essere pronti – quando sarà – a riassumere direttamente nelle loro mani la guida del Paese". Altrimenti – è il timore non esplicitato dei vescovi – è che il futuro sia in mano ai tecnocrati di Monti o al populismo di Beppe Grillo.