I sindaci potranno aumentare l’aliquota ordinaria dell’Imu sui beni strumentali fino al valore massimo del 10,6%. Se molti primi cittadini decideranno di ritoccare l’aliquota all’insù – rileva la Cgia di Mestre – gli effetti sulle tasche dei commercianti, dei liberi professionisti, degli artigiani, delle imprese industriali e degli albergatori saranno pesantissimi.
Con l’applicazione dell’aliquota massima – calcola l’associazione – un laboratorio artigiano si troverà a pagare un importo medio nazionale pari a 801 euro l’anno, un negozio 1.017 euro, un ufficio 2.047 euro, un capannone industriale 3.844 euro ed un albergo ben 11.722 euro. Rispetto all’eventuale applicazione dell’aliquota ordinaria (7,6%), tutte queste attività verranno a pagare il +39,5% in più. Una vera e propria stangata, sottolinea l’associazione degli artigiani e piccole imprese. A livello territoriale sarà il Comune di Roma a presentare la situazione più pesante, almeno per gli uffici e i laboratori artigiani. Nel caso di un aumento dell’aliquota Imu fino al valore massimo, calcola la Cgia di Mestre, il gettito medio sarà pari a 5.960 euro per i primi e a 1.830 euro per i secondi. Per i capannoni il quadro generale vedrà La Spezia a segnare il dato più preoccupante: 19.731 euro. Per i negozi, spetterà eventualmente a Cremona il record di spesa: 2.327 euro. Infine, per gli alberghi la situazione più difficile si registrerà a Bari: nell’eventualità dell’applicazione dell’aliquota al 10,6% il costo medio annuo di un’attività ricettiva sarà pari a 46.011 euro.
"Ci appelliamo al senso di responsabilità dei Sindaci – dichiara il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – Siamo consapevoli delle difficoltà economiche in cui versano la stragrande maggioranza dei Comuni, tuttavia è bene che prima di deliberare eventuali aumenti di aliquota si dimensioni l’impatto economico che queste scelte avranno sulle attività commerciali e produttive".