Una comunità in crescita, e sempre più "giovane" su cui si dovrebbe investire per un contributo al "superamento della crisi": è quanto emerge nella settima edizione del ‘Rapporto Italiani nel Mondo’ della Fondazione Migrantes presentato a Roma. Al primo gennaio 2012 erano 4.208.977 i connazionali iscritti all’Aire (l’Anagrafe degli italiani residenti all’Estero), con un aumento di 93.742 unità rispetto all’anno scorso. A fronte di ciò, si è assistito però a "una ulteriore e pesante decurtazione nel bilancio del ministero degli Affari Esteri", la cui rete diplomatico-consolare e di istituti di cultura è chiamata a gestire tutto l’insieme delle relazioni – burocratiche, politiche e socio-culturali – con gli emigrati.
Rispetto agli oltre 60 milioni di italiani residenti in Italia i connazionali all’estero incidono per circa il 7%. La tesi di fondo del rapporto, come ha spiegato mons. Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes (fondazione della Conferenza Episcopale Italiana) è che "chi è rimasto in Italia debba inserire la presenza italiana all’estero nel circuito formativo e culturale; mentre chi vive all’estero deve mostrare un maggiore attaccamento alle vicende italiane, non facendo mancare suggerimenti mirati in occasione dei molteplici incontri organizzati dal governo, dalle regioni e dalle associazioni".
Per il resto, dal rapporto si apprende che ben il 54% del totale degli iscritti all’Aire ha dato come motivo di iscrizione l’espatrio, ma continua l’ascesa dei "nati all’estero", arrivati al 38,3% (più di 1 milione e 600mila). A rilevante distanza invece, si collocano gli iscritti per aver acquisito la cittadinanza italiana (3,2%, 133.577). Il 37,1% (1,6 milioni) è all’estero da più di 15 anni e il 14,9% (quasi 630 mila) lo è da 10-15 anni. E aumentano (1 milione 131mila) coloro che sono iscritti all’Aire da 5-10 anni che sono il 26,9% del totale.
L’11,5% (quasi 500mila italiani) è, invece, iscritto solo da 3 anni (tra di essi, quindi, anche i nuovi espatriati). Quasi 800 mila hanno più di 65 anni (19,0%), quasi 665mila sono, invece, minorenni (15,8%). Il 21,2% ha un’età compresa tra i 19 e i 34 anni (890 mila), ma il 25,0% (poco più di 1 milione) ha tra i 35 e i 49 anni. Il 19,1%, infine, ha un’età compresa tra i 50 e i 64 anni (poco più di 800mila). La stragrande maggioranza è celibe/nubile (53,7%) mentre i coniugati sono il 38,2%.
"La crisi ha generato una drastica riduzione del bilancio riguardante gli italiani all’estero – scrive monsignor Perego nell’introduzione del rapporto Migrantes – e ha suscitato preoccupati interrogativi sulla funzionalità della rete diplomatico-consolare, sulla promozione della lingua e della cultura italiana, sulla tutela dei più deboli tra gli emigranti e sull’affermazione del nostro sistema produttivo in altri paesi".
"Questa situazione come preoccupa le persone, le famiglie, il mondo associativo degli emigranti così preoccupa" anche la fondazione della Cei che, "ferma restando la necessità di manovre per una più severa giustizia distributiva richiede che, anche in una fase di crisi non si smetta di pensare che la presenza all’estero sia una risorsa, si creino nuovi investimenti ma, ancor di più, si giunga a una nuova mentalità" prosegue Perego.
La pubblicazione del nuovo rapporto ‘Italiani nel Mondo’ coincide d’altronde con la chiusura delle celebrazioni ufficiali del 150esimo anniversario dell’Unità italiana, che ha portato a fare il punto sulle tematiche emergenti negli studi migratori e, in particolare, sul radicamento dell’identità italiana al di là dei regionalismi e dei localismi. Tornando alle cifre, la ripartizione geografica dell’emigrazione è così strutturata: Europa (2.306.769, 54,8%), America (1.672.414, 39,7%), Oceania (134.008, 3,2%), Africa (54.533, 1,3%) e Asia (41.253, 1,0%). In Europa è l’UE a 15 a fare la parte del leone con 1.695.955 (40,3%) residenti italiani. Proprio in quest’area si trovano le collettività più numerose, a partire dagli italiani in Germania (639.283, 15,2%); seguono le collettività francese (366.170, 8,7%), belga (252.257, 6,0%), britannica (201.705, 4,8%) e spagnola (118.690, 2,8%).
La comunità negli Stati Uniti è composta da 216.767 italiani in possesso di cittadinanza (5,2%); in Canada sono, invece, 135.070 persone (3,2%). Più articolata la situazione nell’America meridionale, Latina specialmente, dove l’Argentina torna, nel 2012, ad essere il primo paese prendendo il posto che, nel 2011, era la Germania, con 664.387 italiani (15,8%). "Nel caso degli emigrati italiani – osserva monsignor Perego – la questione è di sostenere la creatività progettuale e la capacità di riorganizzare l’esistente secondo nuove modalità e nuove strategie di intervento". Tanto più che l’universo di riferimento è complesso: gli oltre 4 milioni di italiani residenti all’estero costituiscono un mondo molto differenziato, che va "dalle presenze stabili a quelle temporanee, dai marinai ai circensi".
Ci sono gli emigrati bisognosi di essere aiutati e altri, ben inseriti, in grado di aiutare il loro Paese: "Con gli uni e con gli altri" è l’invito di Migrantes "il compito più urgente consiste nel riuscire a fare rete". Fra le proposte avanzate nel rapporto – un volume ricco di dati, annotazioni storiche, analisi di contesti nazionali e territoriali, approfondimenti culturali e pastorali opera di oltre una sessantina di autori – c’è quella di un "miglior funzionamento degli Istituti Italiani di cultura" che "non dipende solo dall’ampliamento della voce di budget – secondo Perego – ma anche da una diversa managerialità in grado anche di autofinanziarsi, come si rileva dalla riflessione sull’esperienza fatta da altri Paesi europei".