E’ bagarre del Senato sul ddl riforme, che oggi è approdato all’esame dell’Aula. Una seduta al calor bianco che fra caos, rimpalli di responsabilità e critiche allo stesso presidente Renato Schifani, a fine giornata si chiude con la riduzione del numero dei deputati (da 630 a 508, otto dei quali eletti all’estero). Ma non senza dure polemiche e contrasti. Che il clima non sia dei migliori e la sessione dell’Aula non sarà "indolore" lo si capisce fin dall’apertura, quando Schifani ribadisce l’intenzione di dichiarare ammissibili gli emendamenti del Pdl sul semipresidenzialismo. Una convinzione, quella della seconda carica dello Stato, confortata da un precedente: "nel ’94 i senatori Bassanini, Mancino e Manzella hanno presentato in questo ramo del Parlamento un emendamento alla riforma costituzionale che introduceva il presidenzialismo: fu dichiarato ammissibile, fu votato in Aula e respinto e tra l’altro venne presentato in Aula e non in commissione". Una presa di posizione che provoca la dura reazione della capogruppo Pd Anna Finocchiaro: "Non capisco il comportamento del presidente del Senato, perche’ francamente ritengo che in questa vicenda non sia stato ne’ garante politico, neanche garante sotto il profilo della funzione notarile, quando si riferisce all’applicazione del regolamento". Replica Schifani: "Non sono un segretario politico". Quello vero, di segretario politico del Pdl, interviene poco dopo: "Il Pd dica chiaro che vuole lasciare ai partiti la scelta del Presidente della Repubblica, invece di prendersela con chi ha sempre difeso il Senato della Repubblica", dice Angelino Alfano. Intanto in Aula e’ il caos: Partito democratico e Italia dei valori chiedono il rinvio in commissione del provvedimento, il Pdl vuole tempi certi sul voto. Alla fine, dopo oltre due ore di discussione, l’Aula vota contro il rinvio "globale" ma limitato alle parti relative all’istituzione del Senato federale e del semipresidenzialismo, presentati rispettivamente da Lega e Pdl. E senza comunque stravolgere il calendario dei lavori, con una nuova seduta fissata per mercoledi’. Il presidente della commissione Affari costituzionali, Carlo Vizzini, da’ la sua disponibilita’ a un’attivita’ extra: "Se non abbiamo finito tutto per quella data, possiamo lavorare nei ritagli di tempo per fornire materiale all’Aula ‘in progress’ il materiale sugli articoli successivi -. Possiamo anche fare qualche seduta notturna se necessario".
Ma la polemica si allarga. Per recuperare i tempi e incassare almeno il via libera sull’articolo 1, relativo alla riduzione del numero dei deputati, Schifani impone infatti di procedere a tappe forzate, concedendo un minuto a tutti gli interventi e sforando rispetto alla decisione di terminare alle 13. La Lega esprime la propria contrarieta’ a "votare una purchessia riduzione", per il dipietrista Pardi il contingemenento "mortifica l’intelletto umano", la radicale Poretti, quando ormai l’una e’ passata, ironizza contro Schifani: "Ormai il tg1 e il tg2 temo siano saltati, recupereremo nei telegiornali e giornali di domani". Il presidente del Senato respinge le accuse: "Devo solo armonizzare i tempi in via straordinaria". E quando qualche senatore prova a tirarla per le lunghe chiedendo una discussione piu’ approfondita, Schifani minaccia di proseguire fino a pomeriggio inoltrato: "Per me finiamo un minuto dopo che sara’ stata approvata la riduzione dei deputati". Provvedimento che arriva quando manca qualche minuto alle 14: i voti favorevoli sono stati 212, quelli contrari 11, 27 gli astenuti.