
Il Corsera – all’indomani dell’intervista al ministro dell’Economia Vittorio Grilli – pubblica una scheda sulla vendita di beni pubblici, che dovrebbe portare nelle casse dello Stato 15-20 miliardi all’anno, pari all’1 per cento del Pil. "L’operazione è già in corso. Prima ancora che venga creata la Sgr (società gestione risparmio) che operera’ come ‘fondo dei fondi’ per la messa sul mercato dei migliori cespiti dello Stato e degli enti locali, immobili e società di servizi, il ministro si è già messo al lavoro per verificarne la concretezza. Per questo Grilli avrebbe già incontrato banche d’affari, come i giapponesi di Nomura, e fondi potenzialmente interessati, cogliendo in particolare l’attenzione di quelli statunitensi, ma anche arabi, a partire da quell’emiro del Qatar che ha appena acquistato in Italia la casa di moda Valentino. L’intenzione del governo e’ di procedere con pacchetti da offrire sul mercato in rapida successione. Solo il patrimonio dello Stato, secondo l’indagine conoscitiva della commissione Finanze della Camera, conta 222 milioni di metri quadri e vale 300 miliardi di euro. Altri 350 miliardi vale il patrimonio dei Comuni, secondo uno studio del Cresme.
Il ruolo della Cdp
Ma il primo risultato tangibile, del valore di circa mezzo punto di Pil, e’ quello che verra’ colto con il passaggio immediato delle quote di Fintecna, Sace e Simest dal Tesoro alla Cassa depositi e prestiti, operazione che dovrebbe fruttare circa 10 miliardi. Cifra cui bisogna sottrarre quella parte di risorse che il decreto sulle dismissioni ha destinato al pagamento dei crediti della pubblica amministrazione.
L’esborso della Cdp di una prima tranche sara’ subitaneo: 6 miliardi gia’ entro luglio. A giorni si conoscera’ il nome dell’advisor (consulente) che realizzera’ la due diligence (valutazione) delle tre societa’ che porteranno alla Cassa depositi e prestiti, controllata dal Tesoro per il 70 per cento e per il resto dalle fondazioni bancarie, una buona dote di liquidita’ e di utili: solo Sace ne ha fatti per 3,4 miliardi a partire dal 2004, quando e’ stata trasformata in societa’ per azioni, e ha distribuito all’azionista 2,3 miliardi di dividendi.
Le sinergie possibili
Oltre che a trovare risorse per abbattere il debito pubblico, l’operazione ha anche l’obiettivo di razionalizzare il portafoglio delle partecipazioni statali e valorizzare le collaborazioni possibili, e gia’ esistenti, fra la Cassa depositi e prestiti e le tre societa’ che adesso passeranno sotto il suo controllo. A partire da Fintecna, che probabilmente controllera’ al 40 per cento, insieme con l’Agenzia del Demanio, con il 60 per cento, la Sgr che gestira’ tutta l’operazione delle dismissioni. In realta’ tale veicolo non sara’ creato dal nulla: la ristrettezza dei tempi a disposizione rendera’ necessario l’utilizzo di una societa’ gia’ esistente. Intanto entro la fine del mese l’Agenzia del Demanio, guidata da Stefano Scalera, avra’ messo a punto la lista dei primi cento immobili dello Stato e degli enti locali da conferire alla Sgr sui potenziali 350 gia’ individuati (valore complessivo di base 1,5 miliardi).
La ‘white list’
Di certo della lista faranno parte molte caserme, come la Sani, quella bolognese che si trova in pieno centro, o il vecchio carcere militare di Forte Boccea e l’ex caserma di via Guido Reni, entrambe a Roma. E poi due magazzini, quelli di via Papareschi e di via del Porto fluviale, sempre nella Capitale. Nella maggior parte dei casi si peschera’ dalla cosiddetta white list, l’elenco di 13 mila immobili che in base al decreto di due anni fa sul federalismo demaniale sarebbero dovuti passare dallo Stato agli enti locali. Per questi immobili il ricavato del conferimento al fondo che verra’ istituito dalla Cassa depositi e prestiti sara’ destinato per tre quarti all’abbattimento del debito del Comune e per un quarto alla riduzione del debito pubblico nazionale. Ma nel piano potrebbero entrare anche altri immobili che non fanno parte di quella lista. Per quelli tuttora di proprieta’ dello Stato l’incasso servira’ tutto a far scendere il debito nazionale, mentre per quelli interamente dei Comuni il valore dell’immobile assegnato sara’ destinato tutto all’ente locale, ma diviso in due parti: un quarto come liquidita’, tre quarti come partecipazione al fondo immobiliare che avra’ il compito di valorizzare e mettere a reddito tutti i beni da dismettere. La normativa esclude espressamente dalla procedura gli immobili utilizzati per finalita’ istituzionali. Questo perche’ la previsione di un eventuale trasferimento di detti beni ai fondi determinerebbe effetti pregiudizievoli in termini di finanza pubblica, generando costi ascrivibili a locazioni passive. Di conseguenza, dei 62 miliardi di beni statali collocabili subito sul mercato, ne potranno essere venduti per ora soltanto sette.
Le difficolta’
Fin qui tutto sembra filare liscio. Ma e’ stato lo stesso ministro Grilli a mettere in guardia circa l’esito del piano di dismissioni per l’abbattimento del debito pubblico. ‘Non ci sono piu’ gli asset vendibili dello Stato e degli enti pubblici, come vent’anni fa’ ha avvertito nell’intervista. C’e’ ‘un patrimonio immobiliare di difficile valorizzazione, come insegnano le esperienze non felici di Scip 1 e Scip 2 (societa’ create per vendere o cartolarizzare le proprieta’ degli enti), molte attivita’ sparse a livello locale’. E a questo proposito, si avrebbe gioco facile a ricordare come, quando si mise mano alla privatizzazione dell’Ina, una delle difficolta’ fu quella di ripercorrerne l’intero patrimonio immobiliare. Quanto all’esito delle precedenti operazioni immobiliari, e’ stata la Corte dei Conti, di recente, in audizione, a avvertire che nelle attuali condizioni di mercato, che solo nel primo trimestre di quest’anno ha visto le quotazioni scendere del 20 per cento, ‘c’e’ il rischio di una svendita’. Come sta accadendo per gli immobili degli enti previdenziali: dopo il fallimento dell’operazione di cartolarizzazione Scip2, ad Inps, Inail ed Inpdap sono rimasti invenduti migliaia di appartamenti. Per la precisione, all’Inps sono ritornati 542 immobili da Scip 1 e ben 10 mila dal pacchetto conferito a Scip2, mentre all’Inpdap, dalla seconda operazione di cartolarizzazione sono stati stornati 12 mila appartamenti. Ed in tre anni, dal 2009 al 2011, ne sono stati venduti solo 1.200, quindi appena il 10 per cento, con un incasso di 93 milioni di euro (per una media di 77.500 euro ad immobile).
Le municipalizzate
L’altro punto difficile del piano riguarda il ‘capitalismo municipale’: le 6.800 societa’ che fanno capo non solo ai Comuni ma anche alle Province e alle Regioni. Il pacchetto piu’ appetibile riguarda le 4.800 aziende comunali, con un fatturato complessivo di 43 miliardi di euro, e 16 mila manager tra presidenti, amministratori e componenti dei consigli d’amministrazione. Di queste, circa 3 mila svolgono in realtà servizi un tempo interni alle amministrazioni e adesso esternalizzati, come la riscossione dei tributi. E quindi sono fuori dalle dismissioni. Ne restano pero’ 1.800 che si occupano di sevizi pubblici locali: acqua, elettricità, gas, rifiuti e trasporti. Ed e’ proprio su queste che si concentra l’attenzione. Anche qui la Corte dei Conti avverte che oltre il 20 per cento delle societa’ risulta in perdita soprattutto nel Mezzogiorno. Quanto alle societa’ quotate, hanno perso in media il 30 per cento del loro valore e quindi potrebbero essere non proprio un affare. L’operazione di dismissione lascia fuori alcuni cespiti importanti dello Stato: le partecipazioni nelle grandi aziende pubbliche, da Eni a Enel a Finmeccanica. Com’è noto, la Cassa depositi e prestiti ha appena acquisito una quota della Snam appena sotto il 30 per cento. Grilli ha escluso per la Cdp un ruolo come quello giocato dall’Iri fino al 2002".