Con una nota ufficiale, il presidente Giorgio Napolitano è tornato ieri a premere per una soluzione parlamentare il più possibile unitaria sulla legge elettorale ricordando che il suo precedente appello dei primi di luglio non ha avuto seguito. Il capo dello Stato ha inoltre esortato a non fare della legge elettorale il casus belli di un eventuale voto anticipato: ‘Ritengo di dover sollecitare la massima cautela e responsabilita’ in rapporto all’esercizio di un potere che appartiene solo al presidente’. Una frase che ricorda come lo scioglimento delle Camere appartiene alle prerogative del presidente della Repubblica e che allontana l’ipotesi di voto anticipato a novembre. Un pronunciamento quest’ultimo che acquista ulteriore autorevolezza perchè prima della diffusione della sua nota Napolitano aveva incontrato il premier Mario Monti.
La presa di posizione del presidente della Repubblica ha l’effetto immediato di riaprire il confronto soprattutto tra Pdl e Pd. Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl, e Nicola Latorre, vicepresidente dei senatori del Pd, valutano positivamente il monito di Napolitano e si dicono disposti al confronto. L’ultima parte del messaggio del capo dello Stato sembrava rivolto a Rosy Bindi, Pd, che nella sua intervista di ieri a ‘l’Unità’ minacciava la crisi di governo perche’, a suo parere, sulla riforma elettorale non puo’ esserci maggioranza diversa da quella che sostiene il governo Monti. La prima parte della nota suonava invece ammonimento a chi, come il Pdl, pensa che sulla legge elettorale si possono compiere delle forzature a colpi di maggioranza. Un summit sulla legge elettorale a Palazzo Grazioli con Silvio Berlusconi aveva prodotto nei giorni scorsi l’ultimatum di Angelino Alfano con l’annuncio che il Pdl non rinuncia al concorso della Lega Nord per varare la nuova legge. ‘La riforma si puo’ fare a maggioranza’, aveva detto Alfano. Ipotesi quest’ultima non esclusa da Renato Schifani, presidente del Senato, che interrogato sulla possibilita’ di una riforma a maggioranza aveva precisato: ‘Se e’ necessario si puo’ fare, anche se non mi entusiasma una circostanza del genere. Sulle regole e’ sempre meglio avere il massimo consenso’. Importante anche la tempistica della nota del Quirinale.
Oggi infatti il Comitato ristretto della commissione Affari costituzionali del Senato potrebbe tornare a riunirsi su impulso del presidente Carlo Vizzini (Pdl), anche se la convocazione ufficiale non c’e’ ancora e si profila un rinvio a causa delle novita’ intervenute negli ultimi giorni.
Infatti sempre oggi il Pdl presentera’ al Senato, come annunciato dal segretario Alfano, il proprio disegno di legge sulla riforma elettorale. In questo modo cambierebbe l’agenda di Lucio Malan (Pdl) ed Enzo Bianco (Pd), relatori sulla riforma, che si erano impegnati a stilare un testo con le varianti sui punti controversi entro questa settimana. Ora si potrebbe avviare il confronto sul merito a partire dalla proposta del Pdl nel Comitato ristretto di cui oltre a Vizzini, Malan e Bianco fanno parte Roberto Calderoli (Lega Nord), Giampiero D’ Alia (Udc), Francesco Pardi (Idv), Giovanni Pistorio (Misto), Maurizio Saia (Coesione nazionale), Francesco Rutelli (Api) e Luigi Zanda (Pd).
Dal Pd si starebbe intanto lavorando a una nuova proposta di mediazione nel tentativo di riannodare il dialogo. Potrebbe essere esaminata gia’ oggi dagli sherpa Denis Verdini (Pdl), Maurizio Migliavacca (Pd) e Ferdinando Adornato (Udc) che hanno il compito di verificare le condizioni di un progetto di riforma comune.
Sul merito della riforma elettorale, il ritorno a un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5% per accedere in Parlamento appare scontato per Pd, Pdl e Udc. Le divergenze piu’ forti vertono sulle preferenze (sponsorizzate dal Pdl ma non dal Pd), sulle dimensioni dei collegi elettorali (piccoli o grandi) e sull’entita’ del premio di maggioranza (10 o 15 %) per il partito che primeggia nel voto in modo da assicurare – come chiede soprattutto il Pd – la governabilita’.
Una variante dell’ipotesi di riforma, a cui il Pd punta come possibile mediazione, e’ il mix di eletti nei collegi uninominali e nelle cosiddette ‘liste corte’ di collegio formate da candidati bloccati sui l’elettore non puo’ scegliere il singolo candidato ma solo il simbolo del partito. Su questa base, con l’eccezione delle dimensioni dei collegi (per Palazzo Madama sono 315 i senatori da eleggere, la meta’ dei 630 deputati della Camera.), si era proposto negli incontri tra partiti che il sistema elettorale del Senato potesse ricalcare quello della Camera.
Su quei punti si era vicini all’accordo, prima che il Pdl annunciasse di avere intenzione di depositare il suo progetto di riforma al Senato e il Pd replicasse con la minaccia di una crisi di governo.
Il monito di ieri del presidente Napolitano riporta il dibattito al punto di partenza. Da oggi il confronto riprende.