Si aggrava il quadro dell’economia italiana secondo le nuove stime della Confcommercio. Che nel Rapporto presentato sulle Economie territoriali e il terziario di mercato rivede al ribasso le previsioni sul prodotto interno lordo. "Si accentua la caduta del Pil italiano nel 2012 da -1,3 per cento all’odierno -2,2 per cento – si legge nel Rapporto – in conseguenza di un andamento marginalmente peggiore dei consumi (da -2,7 per cento a -2,8 per cento) e di una caduta piu’ profonda degli investimenti, da -5,7 per cento a -6,5 per cento, oltre che dal peggioramento del saldo netto con l’estero. La previsione della variazione del Pil per il 2013 peggiora da 0,0 a -0,3 per cento". Quanto ai consumi delle famiglie, la previsione è che diminuiranno del 2,8 per cento nel 2012 e dello 0,8 per cento nel 2013. "Insomma – ha detto il presidente Carlo Sangalli – stiamo toccando nuovi minimi assoluti di prodotto lordo dall’inizio della grande recessione, cioè dalla fine del 2007. E i consumi reali pro-capite subiranno, nel 2012, un calo di una profondità mai prima registrata nella storia economica repubblicana. Da questi dati, risulta, allora confermata – ha spiegato ancora il numero uno della Confcommercio – la necessità di fare di tutto per derubricare definitivamente, attraverso l’avanzamento di una spending review senza timidezze, l’ipotesi di procedere, nel luglio del 2013, ad ulteriori aumenti Iva. Farlo è necessario. Perchè gli impatti recessivi degli aumenti Iva sarebbero profondi e peserebbero particolarmente sui livelli di reddito medio-bassi. Ne farebbero le spese famiglie, occupazione ed imprese". Secondo Sangalli, la riforma "prioritaria" per uscire dal tunnel è quella fiscale perchè "per i contribuenti in regola la pressione fiscale ha raggiunto un livello record del 55 per cento e con una pressione fiscale cosi’ alta non ci puo’ essere crescita". L’attenzione del numero uno della Confcommercio è concentrata sul sistema dei servizi di mercato, cioè il commercio ed il turismo, i trasporti e la logistica, i servizi alle persone ed alle imprese. Un sistema che – dice – "nonostante l’impatto della grande recessione, contribuisce oggi, in misura determinante, alla formazione del valore aggiunto e dell’occupazione del nostro Paese. Contribuisce, infatti, alla formazione del valore aggiunto per oltre il 40 per cento e alla formazione dell’occupazione per oltre il 43 per cento. Quote importanti e destinate a crescere ulteriormente. Ma che certamente dicono anche della necessita’ di una politica per i servizi che accompagni l’impegno del settore al rafforzamento della produttivita’, in particolare attraverso il propellente dell’innovazione".
"Stiamo toccando – ha detto il direttore dell’Ufficio studi Mariano Bella presentando il Rapporto – nuovi minimi assoluti di prodotto lordo da quando e’ cominciata la grande recessione cioe’ dalla fine del 2007, solo che la popolazione residente nel frattempo e’ cresciuta di circa 900.000 unita’". Il commercio al dettaglio "non e’ mai emerso dalla crisi", ha detto ancora Bella, per il 2012 si prevede tra aperture e chiusure "un saldo negativo di oltre 20 mila esercizi, ma forse la stima e’ ottimistica". Il dato sulle vendite dello scorso mese di aprile (circa -8,5 per cento reale tendenziale), pure tenendo conto di opportune correzioni statistiche, e’ eccezionalmente negativo. Sebbene ancora provvisorio, il dato del primo trimestre di fonte ufficiale racconta che la spesa complessiva delle famiglie residenti si è ridotta del 2,4 per cento in termini reali rispetto al primo trimestre del 2011, un dato analogo a quanto registrato nella prima parte del 2009. Soltanto che oggi – si legge sempre sul Rapporto – a differenza di allora, le attese sul secondo trimestre sono peggiori del consuntivo del primo quarto dell’anno. "Complessivamente, la caduta biennale dell’economia italiana è ancora lontana dalla dimensione del cedimento del biennio 2008-2009 (-1,2 e -5,5 per cento) ma non può essere considerato un semplice episodio fisiologico del ciclo economico. Si tratta di una vera e propria recessione. Dalla quale sarà difficile uscire e della quale è difficile anche prevedere la reale intensità e l’estensione temporale. Il tessuto produttivo ne risentirà profondamente. L’assorbimento della disoccupazione che essa sta generando richiederà tempi lunghi", conclude .