Wikileaks: Quito sfida Londra, asilo diplomatico a Assange

E’ ormai crisi aperta tra Londra e Quito. Il governo dell’Ecuador ha deciso di concedere l’asilo a Julian Assange, rifugiato dal 19 giugno scorso nell’ambasciata ecuadoriana a Londra. Immediata la replica del governo britannico che ha detto di non voler concedere alcun salvacondotto al fondatore di Wikileaks e ha prospettato tempi molto lunghi per la soluzione della querelle, pur abbassando i toni sulle "minacce" alla sede diplomatica. A sua volta il governo svedese si è detto offeso dai dubbi espressi da Quito sull’imparzialità del suo sistema giudiziario, mentre, da oltreoceano, Washington fa sapere di non aver mai fatto pressioni né su Londra né su Stoccolma per mettere le mani su Julian Assange. L’intricata vicenda potrebbe finire davanti ai giudici della Corte internazionale di giustizia dell’Aja, cui i legali di Wikileaks intendono rivolgersi.

L’annuncio del ministro degli Esteri di Quito, Ricardo Patino, è arrivato nel primo pomeriggio (europeo): in conferenza stampa il ministro ha elencato undici punti che giustificano il provvedimento pro-Assange, contemplato dall’articolo 41 della costituzione ecuadoriana. Secondo Patino, il fondatore di WikiLeaks – ricercato dalla Svezia per due incriminazioni per stupro – "potrebbe essere vittima di una persecuzione politica conseguenza delle sue posizioni per la libertà di stampa e in qualsiasi momento potrebbe trovarsi in una situazione pericolosa per la sua vita, la sua sicurezza e la sua integrità personale".
L’annuncio è stato accolto con grida di giubilo e manifestazioni di entusiasmo da parte dei sostenitori di Assange radunati davanti all’ambasciata dell’Ecuador a Londra, sorvegliati da un importante dispositivo di polizia.

Immediata la replica: Londra "non intende garantire alcun salvacondotto a Julian Assange per uscire dal Regno Unito", né esiste "alcuna base legale che ci consentirebbe di farlo", ha chiarito il ministro degli Esteri britannico William Hague. "Il Regno Unito non riconosce il principio di asilo diplomatico", ha proseguito il capo del Foreign Office, che però ha ammorbidito i toni sulla ventilata irruzione alla sede diplomatica. Il ministro ha negato che sia mai esistita alcuna "minaccia" nei confronti dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra ma ha poi sottolineato che la querelle "potrebbe andare avanti per un tempo considerevolmente lungo".

La Svezia intanto ha convocato l’ambasciatore ecuadoriano per ricevere spiegazioni sulle accuse di parzialità lanciate dal governo di Quito contro la giustizia svedese. "L’ambasciatore dell’Ecuador è atteso al ministero il prima possibile. Le accuse che (il ministero degli Esteri ecuadoriano) ha formulato sono gravi ed è inaccettabile che l’Ecuador voglia bloccare il processo giudiziario svedese e la cooperazione giudiziaria europea", ha dichiarato alla France Presse il portavoce del ministero svedese degli Affari Esteri, Anders Joerle. Assange è atteso in Svezia per per rispondere delle accuse di stupro e abusi sessuali; una corte britannica ha stabilito che Assange, rifugiato dal 19 giugno nell’ambasciata ecuadoriana a Londra, debba essere estradato.

Il governo americano dal canto suo ha smentito di essere in qualche modo coinvolto nella querelle internazionale che investe il fondatore di Wikileaks e nega di aver mai fatto pressioni su Londra per arrestare Julian Assange. "Si tratta di una questione tra i due paesi coinvolti e non abbiamo intenzione di intrometterci", ha detto Nuland.

La vicenda potrebbe approdare alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja cui Quito potrebbe rivolgersi per costringere la Gran Bretagna a lasciar partire Julian Assange. "Mi sembra ovvio (…) che potremmo rivolgerci alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja", ha dichiarato il ministero degli Esteri equadoriano. Oggi l’ex giudice spagnolo Baltasar Garzon, che ha assunto la difesa di Assange, ha detto di voler adire la Corte internazionale se Londra dovesse rifiutarsi di rilasciare un salvacondotto ad Assange per recarsi in Ecuador.