Mafia, Zagrebelsky a Colle: No conflitto attribuzione basta legge

"Sarebbe un fatto devastante, al limite della crisi costituzionale, che la Consulta desse torto al presidente della Repubblica" sul terreno del conflitto di attribuzione sollevato dal Capo dello Stato rispetto ai magistrati di Palermo che indagano sulla trattativa Stato-mafia. Sarebbe devastante "che si verificasse una così acuta contraddizione proprio sul terreno di principi che sia l’uno che l’altra sono chiamati a difendere. Così nel momento stesso in cui il ricorso è stato proposto è stato anche vinto". E’ quanto scrive il giurista Gustavo Zagrebelsky in un lungo editoriale su ‘Repubblica’ nel quale sostiene che non si tratta "di una contesa ad armi pari ma della richiesta di un’alleanza in vista di una sentenza schiacciante". E consiglia chiaramente di ricorrere alla legislazione ordinaria "con la distruzione delle intercettazioni per la parte riguardante il presidente della Repubblica". Insomma si chiede il giurista: "Che bisogno c’è d’un conflitto costituzionale?".

"A perdere – aggiunge Zagrebelsky – sarà anche la Corte: se, per improbabile ipotesi, desse torto al presidente, sarà accusata d’irresponsabilità, dandogli ragione sarà accusata di cortigianeria". Sulle intercettazioni casuali che riguardino il Capo dello Stato dal punto di vista giuridico "non c’è niente di niente" e quindi si deve pensare o a una "lacuna" o a un consapevole "silenzio dei Costituenti": in questo caso una decisione della Corte "che facesse pendere la bilancia da una parte o dall’altra non sarebbe applicazione della Costituzione ma legislazione costituzionale in forma di sentenza costituzionale".
E infine: "Signor presidente non si lasci fuorviare dal coro di pubblici consensi", nel nome della "leale collaborazione" tra istituzioni vale la legge ordinaria per raggiungere il "fine" di distruggere le intercettazioni. "Forse che i magistrati di Palermo – conclude Zagrebelsky – hanno detto di rifiutarsi di applicare lealmente la legge?".