Il Giornale parte dalla riunione del bureau del Ppe ieri a Fiesole per fare il punto sui tentativi di accordo fra i partiti per una nuova legge elettorale. "Non è più tempo di veti, tattiche dilatorie, messaggi a distanza. Nell’ormai infinita partita della riforma delle legge elettorale, tela di Penelope tessuta di giorno e disfatta di notte e continuo esercizio di ingegneria fantapolitica, entra prepotentemente in campo l’ipotesi di un voto parlamentare ‘spazza melina’. Un cambio di passo e di strategia che – a margine della riunione del bureau del Ppe, riunito a Firenze sotto l’egida del presidente sella delegazione italiana del Pdl nel gruppo Ppe, Mario Mauro – prende forma nelle parole dettate prima da Angelino Alfano, poi da Pier Ferdinando Casini, all’indomani della ‘strigliata’ del presidente del Senato, Renato Schifani. Una doppia presa di posizione che lascia intravedere sullo sfondo la sagoma di una virata verso il sistema tedesco,ovvero quel complesso sistema proporzionale corredato da alcuni elementi maggioritari nel quale l’elettore ha due voti a disposizione.
Uno per il partito che determina il numero dei seggi che questo partito avra’ in Parlamento, fermo restando uno sbarramento al 5%. L’altro invece per un candidato. Nel collegio elettorale viene eletto chi ha ottenuto il maggior numero di voti. E si puo’ votare con il primo voto per un partito e con il secondo voto anche per un candidato di un altro schieramento. ‘Sulla riforma delle legge elettorale occorre trovare presto un’intesa e, se questo non sara’ possibile, portare la discussione in aula per cercare un accordo alla luce del sole’, dice a Firenze Angelino Alfano.
‘Noi siamo per farla subito, restituendo il diritto di scelta ai cittadini e pensiamo che su un funzionamento fondato su un premio anche consistente, benche’ ragionevole, al primo partito si possa raggiungere un’intesa. Poi sulla modalita’ di selezione degli eletti – affermato in modo unanime che occorra restituire ai cittadini il diritto di scegliersi i rappresentanti – ci sono opinioni diverse tra noi e il Pd perche’ il Pd e’ a favore dei collegi mentre la gran parte del Pdl e’ a favore delle preferenze ‘. Ai cronisti che gli chiedono se il Pdl sia interessato a un modello alla tedesca, Alfano risponde che ‘di modelli ce ne sono tanti, a noi interessa la sostanza cioe’ restituire ai cittadini il diritto di scegliere deputati e senatori. Speriamo si possa approvare una legge in tempi molto brevi’. In questo senso, assicura, ‘diamo pieno sostegno al presidente Schifani che ha affermato che se non si raggiunge un’intesa occorre andare al piu’ presto in aula che non significa andare allo scontro con gli altri partiti ma trovare in Parlamento, anche alla luce della pubblica opinione, le intese possibili per cambiare questa legge’. Al di la’ delle prese di posizione ufficiali e della prudenza obbligata, il Pdl e lo stesso Alfano sono convinti che in aula il sistema tedesco possa passare con i voti dell’Udc, della Lega e di parte del Pd e che questa soluzione possa rappresentare il passepartout per aprire la porta della definitiva intesa. In questo senso la linea del segretario di via dell’Umiltà è assolutamente coincidente con quella di Casini. ‘La riforma della legge elettorale va fatta e se i conciliaboli non portano a niente ciascuno si deve assumere la responsabilità davanti agli italiani in Parlamento’, dice il leader Udc. ‘Si vedrà chi difende la legge attuale e chi vuole invece restituire agli italiani la possibilita’ di scegliere con le preferenze i propri parlamentari. Noi siamo per le preferenze’".
LA STAMPA intanto sonda le preferenze (per Bersani) degli elettori del Pd e di quelli di tutto il centrosinistra (per Renzi. "’La partita e’ piu’ dura vista da dentro di quanto non lo sia vista da fuori’, ammette un dirigente del Pd, che di Renzi ha stima, pur appoggiando Bersani nella sfida dei gazebo. E questa ammissione, che riecheggia anche tra le mura del Nazareno, dopo giorni in cui il sindaco di Firenze e’ sugli scudi (ieri ha parlato con Monti per mezz’ora di ritorno dalla convention di Obama), deriva non solo dall’emergere di una serie di sondaggi preoccupanti per il segretario – come quello di Piepoli, secondo cui Renzi puo’ vincere ed e’ in testa tra gli elettori di centrosinistra, mentre e’ fifty-fifty tra i militanti Dem -, ma anche dal fatto che sul territorio e’ ormai scattato un movimento carsico nelle varie correnti che sulla carta dovrebbero portare acqua e voti al segretario. Con smottamenti che invece fanno ingrossare le file dei sostenitori del sindaco di Firenze, tanto piu’ dopo che e’ divenuto bersaglio della contraerea dei big. ‘La nomenclatura non tema il ciclone Renzi – e’ l’invito di Paolo Gentiloni -. Le primarie sono un’occasione e non una minaccia’. Lui, Renzi, finge stupore per ‘l’incomprensibile nervosismo di alcuni big contro di noi’, e usa Facebook per invitare i suoi, con espressione d’altri tempi, ‘a non cadere nelle provocazioni’. E ai piani alti di sicuro non e’ passata inosservata l’uscita di Goffredo Bettini, che ai tempi del Lingotto fu il braccio destro di Veltroni, convinto che nel Pd debba farsi strada ‘una terza candidatura’ ed esplicito nel dire di non riconoscersi ‘ne’ in Renzi, ne’ in Bersani’.
Dunque, i campanelli d’allarme sono molteplici e ieri ha contribuito non poco la radiografia uscita su Europa di un esperto di sondaggi come Paolo Natale, secondo cui ‘Renzi e Bersani fanno registrare un appeal molto simile tra quelli che dichiarano di voler andare a votare alle primarie’. Con numeri che vedono Bersani in testa col 40% e Renzi dietro di soli sei-sette punti al 33%, Vendola al 20% e Tabacci al 5%.
E’ una sintesi preoccupante per Bersani: tra i militanti vince il segretario, tra i nuovi elettori invece e’ testa a testa, e dunque dipendera’ dall’affluenza. Non a caso chi non vuole tarpare le ali a Renzi non gradisce l’idea di un albo degli elettori, che comunque strozzerebbe la partecipazione spontanea. I movimenti tellurici in periferia non solo alimentano le fantasie su possibili nuove candidature (c’e’ chi teme che anche la Bindi potrebbe essere tentata, se passasse la regola del doppio turno), ma inducono Bersani a registrare bene i messaggi del suo discorso di chiusura domenica alla festa di Reggio Emilia, dove dara’ garanzie sul ricambio generazionale nel Pd e sulla volonta’ di non stravolgere le riforme del governo Monti. Il segnale che la guerra e’ scattata lo danno i ‘giovani turchi’, che sotto la guida di Orfini, Fassina e Orlando, alla vigilia del discorso di Bersani, si riuniranno per dire che il rinnovamento non lo interpreta solo Renzi, ‘ma dev’essere nei contenuti e non solo nell’anagrafe’ e che la loro ricetta economica ‘non e’ di sinistra, ma e’ quella ormai piu’ diffusa in tutta Europa".