Il Sole 24 Ore: inchiesta sull’Imu, senza freni per imprese e affitti

Per l’Imu arriva l’ora della resa dei conti. Ma non è la scadenza della seconda rata dell’acconto – in calendario per lunedì prossimo 17 settembre e alla quale saranno interessanti solo i contribuenti che hanno scelto di dilazionare il pagamento in tre tranches – a preoccupare i proprietari di immobili. La vera minaccia arriva dai Comuni che in queste settimane dovranno definire il livello delle aliquote d’imposta da applicare localmente. Molte amministrazioni hanno già deciso, altre lo stanno facendo e alcune dovranno addirittura modificare le decisioni già prese. Un’inchiesta del Sole-24 Ore in edicola oggi fa il punto della situazione nelle città capoluogo di provincia, con la fotografia puntuale delle aliquote e delle agevolazioni per le diverse categorie di immobili. Il risultato è, se possibile, peggiore delle previsioni. Otto città su dieci hanno alzato – o stanno pensando di alzare – il livello base della nuova imposta municipale sugli immobili. Praticamente nessuno l’ha abbassato. L’aliquota media arriva così allo 0,95%, rispetto allo 0,76% di partenza fissato come valore base nazionale dal decreto salva-Italia. I sindaci hanno tempo fino al 31 ottobre per approvare i bilanci, ma la rilevazione del Sole 24 Ore di oggi su oltre 80 capoluoghi di provincia conferma che i Comuni – tra ristrettezze di bilancio, tagli dei trasferimenti e patto di stabilità – stanno cercando di ottenere dall’Imu le risorse mancanti.
Qualche buona notizia arriva per l’abitazione principale. Il 40% delle città aumenta anche questo prelievo, ma a conti fatti l’aliquota media si ferma allo 0,44% rispetto a un livello base dello 0,40%. Per contro, c’è un incremento del prelievo sulle case affittate e sulle case sfitte per le quali si sfiora in pratica la media dell’1 per cento, rispetto al prelievo standard dello 0,76.
Le agevolazioni, dove ci sono, hanno spesso una portata estremamente ridotta. Un comune su 5 prevede sconti per le case date in prestito ai parenti, uno su dieci per i negozi o i laboratori usati direttamente dal titolare. Solo uno su cinquanta ha dettato una qualche forma di sconto alle imprese che assumono disoccupati, apprendisti o ricercatori. Una situazione molto pesante per negozi, uffici, capannoni: in questo casi, il prelievo medio risulta nel campione esaminato dello 0,95% e solo poche amministrazioni hanno previsto sconti legati a particolari condizioni, come l’avvio di attività oppure le iniziative dei giovani.