Pier Luigi Bersani alza la voce, la partita sulla legge elettorale è quella più delicata, una sfida che assomiglia sempre più ad una roulette russa e che non potrà concludersi con un pareggio. I giochi sono ormai alla luce del sole, Pier Ferdinando Casini ha ufficialmente annunciato di lavorare per il ‘Monti-bis’ e il leader Pd non ha nessuna intenzione di assecondarlo: chi pensa a un sistema "seccamente proporzionale dovrà vedersela con noi", ha detto a Mestre. Ma il messaggio fatto avere a Pdl e Udc è più netto: il Pd si metterà di traverso, su questo non si discute. Un messaggio che Gianclaudio Bressa, uno dei democratici che si occupano di legge elettorale, espone con ancora maggiore chiarezza: "Una ‘forzatura’ Pdl-Udc? Credo he si tratti di una boutade giornalistica, anche perché se fosse vera sarebbe una cosa gravissima per lo stesso governo". Non ‘questo’ governo, il riferimento non è al Governo Monti, ma al futuro: Casini si scordi l’alleanza, se rompe su un punto del genere.
Il segretario su questo tema è pronto alla battaglia, perché si tratta di una questione cruciale: dal tipo di riforma elettorale dipende l’esito delle prossime elezioni, un premio di maggioranza insufficiente può azzoppare il Pd proprio sul filo di lana di una vittoria che, stando ai sondaggi, con l’attuale legge elettorale sarebbe certa.
Bersani la riforma la vuole, ma certo non a costo di annullare il vantaggio che il suo partito ha su tutti gli altri concorrenti e sui potenziali alleati. Anche perché, è convinto il leader democratico, una legge che non garantisce la governabilità provocherebbe "uno tsunami" sull’Italia, in un momento come questo. In realtà, in caso di ‘impasse’ la soluzione sarebbe già pronta, come ha ricordato qualche giorno fa Romano Prodi: se dalle urne non uscisse un vincitore sarebbe quasi scontato un secondo mandato a Mario Monti. Questo spiega perché l’Udc si stia muovendo con tanta determinazione, anche a costo di mettere a dura prova i rapporti con il leader democratico.
Il problema di Bersani è che non si deve guardare solo dai possibili ‘blitz’ di Udc e Pdl. L’ipotesi di una legge elettorale approvata a maggioranza, con il voto contrario del Pd, è un’ipotesi che rischia di rivelarsi accademica: il fatto è che nello stesso Partito democratico ci sono diverse posizioni molto meno intransigenti sulla riforma.
Enrico Letta ha più volte ripetuto che il ‘Porcellum’ va assolutamente cambiato, che questa è la priorità e che per raggiungere questo obiettivo val bene la pena accettare un "compromesso". Stefano Ceccanti, veltroniano, avverte: "Dobbiamo capire tutti che non si andrà a votare con il Porcellum, perché Pdl e Udc non accetteranno di andare al voto con una legge che li taglia fuori, è una questione di vita o di morte. Io penso che loro sulle preferenze potranno cedere, e noi possiamo accettare un premio al primo partito anziché alla coalizione".
Lo stesso Massimo D’Alema, la scorsa settimana, nell’intervista al Corriere della Sera aveva parlato di un "sistema tedesco con correzione maggioritaria", proprio quello su cui potrebbero tentare la forzatura Pdl e Udc, e per quanto riguarda il premio di coalizione aveva detto: "Noi proponiamo (il premio, ndr) alla coalizione, poi si vedrà, stanno trattando". Parole che avevano spinto subito il franceschiniano Antonello Giacomelli a reagire: "Ho letto l’intervista di D’Alema di oggi e condivido con lui che c’è un lavoro imponente e diffuso per favorire un Monti bis e comunque ostile ad un governo di centrosinistra. Proprio per questo però mi sembra incongruo che, nella stessa intervista, si manifesti disponibilità per un modello elettorale che più di altri può creare condizioni di fatto per una ampia coalizione ed un nuovo governo Monti". E anche Cesare Damiano, oggi, spiegava: "E’ possibile che quanti aspirano ad un Monti-bis, o comunque ad un altro governo di larghe intese chiunque sia il premier, puntino ad una legge elettorale che renda difficile l’indicazione di un vincitore. E anche nel Pd quanti chiedono la prosecuzione dell’agenda Monti potrebbero vedere bene una legge elettorale del genere".
Posizioni che per il momento restano sottotraccia, appena accennate. Ma le cose potrebbero cambiare se il Pdl risolvesse le divisioni al proprio interno e trovasse un’intesa con Casini. A quel punto, è il timore del Pd al Senato, centristi e berlusconiani potrebbero fare fronte comune e i ‘trattativisti’ del Pd potrebbero uscire allo scoperto: non possiamo restare col ‘cerino’ in mano, sarebbe il discorso, non può essere il Pd ad accollarsi la responsabilità di tenere il ‘Porcellum’. Se si aprisse questo dibattito, per Bersani diventerebbe dura. E’ vero che Udc e Pdl sono disposti a concedere un premio al primo partito, e non alla coalizione, ma certo non il 15% che chiede Bersani. Ma un premio inferiore al 15%, concesso al primo partito e non alla coalizione, quasi sicuramente non sancirebbe alcun vincitore: Pd, Sel e Psi, ad oggi, sono accreditati di un 33-35%, se il premio venissi affidato al primo partito Bersani sarebbe costretto a tentare una lista unica, difficilissima da realizzare e che, comunque, otterrebbe una percentuale inferiore a quella che Pd e Sel prendono separatamente. Ecco perché il leader democratico avverte: "Ci metteremo di traverso".