Nonostante un’estate di siccità e incendi che hanno messo a dura prova la fauna selvatica, domenica 16 inizia ufficialmente la stagione venatoria, dopo la raffica di preaperture che in molte Regioni ha dato il via libera anticipato alle doppiette ignorando le raccomandazioni scientifiche e gli obblighi di legge, e colpendo un periodo delicato per molti animali ancora attenti alla cura dei giovani nati o in attesa della migrazione. Una vera e propria barbarie in particolare quest’anno, considerando la straordinarietà delle condizioni ambientali, tanto che in diverse regioni i ricorsi in tribunale del WWF e di altre associazioni sono stati accolti dalla magistratura che ha sospeso le aperture anticipate, mentre gli ambientalisti hanno lanciato un appello alle prerogative del Governo nazionale e dei Governi regionali per chiedere provvedimenti d’urgenza per il posticipo della stagione.
Ma i problemi non finiscono qui. Oltre alla perseverante pratica delle preaperture, in Italia la fauna selvatica deve difendersi come ogni anno da tentativi di deregulation venatoria – come in Campania dove grazie al ricorso WWF è fallito l’obiettivo di consentire la caccia libera a pagamento in tutto il territorio campano e nei siti Natura2000 – e di caccia in deroga a specie protette di uccelli, come in Lombardia e Veneto, le cui leggi in materia hanno già procurato all’Italia una procedura di infrazione comunitaria, numerose condanne dalla Corte di Giustizia e Costituzionale e ormai imminenti sanzioni allo Stato che potranno giungere sino a 300.000 euro al giorno!
Proprio in questi giorni la Commissione Europea sta esaminando la situazione in Italia di 19 specie di uccelli selvatici attualmente cacciabili e ‘non esiterà’ a prendere nuove misure per garantire la tutela prevista dalle norme UE. Nonostante questo la Regione Lombardia sta esaminando un nuovo progetto di legge che prevede ancora una volta la caccia in deroga con l’uccisione di 300.000 fringuelli ed altre centinaia di migliaia di piccoli uccelli (tra cui 37.000 peppole, 20.000 pispole, 12.500 frosoni, oltre 150.000 storni). Mentre la Regione Veneto, immune da qualsiasi sanzione, obbligo di legge e richiami dall’Europa, per l’ennesimo anno e dopo numerose condanne della Corte di giustizia europea ed annullamenti della Corte Costituzionale italiana, ha autorizzato illegittimamente la “caccia in deroga” ai piccoli uccelli protetti, in nome della barbara “tradizione” della “polenta e osei”.
Per contrastare questo panorama di illegalità, il WWF mette in campo ogni anno una nutrita squadra di volontari e professionisti. Nei tribunali di tutta Italia gli avvocati del Panda e di altre associazioni ambientaliste e animaliste, hanno già vinto i ricorsi al TAR contro la preapertura della stagione venatoria in diverse Regioni come Abruzzo, Campania, Lazio, Puglia, Sicilia e Piemonte e continuano le azioni legali per il rispetto di legalità e fauna.
“Come ogni anno all’apertura della stagione venatoria larga parte delle Regioni persevera diabolicamente nell’ignorare l’evidenza scientifica e gli obblighi di legge, proponendo calendari venatori e normative che costerebbero al Paese gravi perdite ambientali ed economiche e che ogni anno, grazie alle pressioni degli ambientalisti, vengono sospese dalla magistratura amministrativa – ha dichiarato Stefano Leoni, Presidente del WWF Italia – L’essere riusciti a bloccare la preapertura in molte regioni ha evitato una vera ‘strage’ di animali selvatici, stremati dalle condizioni climatiche estreme e dagli incendi di quest’estate, che hanno sottratto loro cibo, acqua ed habitat in cui vivere e riprodursi. Anche un solo giorno di caccia in meno significa la salvezza di magliaia di animali.”
Rispetto agli incendi, il WWF ricorda che la caccia è vietata per dieci anni nelle zone boscate percorse dal fuoco (art. 10 della Legge 353/2000), con sanzioni penali per i trasgressori. Mentre ai Comuni e ai sindaci italiani si ricorda che la legge quadro sugli incendi boschivi obbliga a redigere ogni anno la mappatura delle zone incendiate, per consentire di applicare i divieti.
LA SQUADRA ANTI-BRACCONAGGIO SUL TERRITORIO
Accanto agli avvocati attivi nei tribunali, 300 Guardie volontarie del WWF in coordinamento con il Corpo Forestale, i Carabinieri e le altre Polizie, sono in azione ogni giorno, rigorosamente disarmate, per un costante lavoro di vigilanza su tutto il territorio italiano, anche in qualità di guardie venatorie con decreti emanati dalle Provincie. La loro testimonianza sul fronte anti-bracconaggio – un’anticipazione tratta dal dossier WWF “Guardie e ladri di Natura” che verrà presentato nelle prossime settimane – descrive uno scenario inquietante.
La pratica della caccia illegale infatti (abbattimento di specie protette, al di fuori del periodo di caccia, al di fuori dei confini consentiti, in aree protette, con strumenti illegali, etc.) continua ad essere parte integrante, e in alcuni casi in sostituzione, della caccia stessa. Una vera e propria corsa tra ‘guardie e ladri di natura’ dove spesso sono i bracconieri a farla da padrone, favoriti anche da nuove normative, impedimenti normativi sempre più stringenti per i volontari delle associazioni ambientaliste, nuove tecnologie come telefoni cellulari che imitano il richiamo di quaglie e altri uccelli in sostituzione degli illegali richiami elettromagnetici, ma più difficili da sequestrare. In tempi di crisi il prelievo di fauna diventa anche un’integrazione di reddito: lepri, cinghiali, piccoli uccelli vengono uccisi per essere rivenduti a ristoranti o privati, il tutto rigorosamente ‘in nero’ e senza i dovuti controlli sanitari. E in alcuni casi le guardie registrano anche forme di piccolo bracconaggio urbano con piccole trappole e laccetti posti nei parchi cittadini da parte di persone indigenti, in cui finiscono anche caprioli, ungulati e cani.
“Al panorama di preaperture, caccia in deroga e deregulation venatoria, si aggiunge in Italia un’attività illegale di bracconaggio che è un vero e proprio attacco ad armi impari contro la fauna selvatica nel nostro Paese – ha detto Patrizia Fantilli, direttore ufficio legale e legislativo del WWF Italia – Il WWF continuerà a vigilare sul territorio e nelle aule di tribunale per il rispetto delle norme e la tutela della natura. Il nostro Paese è un’importante ‘stazione’ per la migrazione di milioni di animali, patrimonio della Comunità internazionale, e continueremo a rivolgerci al Governo come all’Unione Europea affinché ne venga garantito il futuro."
Sebbene il numero (ufficiale) dei cacciatori stia diminuendo ogni anno, quello dei bracconieri resta costante, le sanzioni (poche centinaia di euro) sono irrisorie di fronte ai possibili guadagni della vendita sottobanco (migliaia di euro). E al contrario della caccia il bracconaggio non ha i limiti della stagione tanto da impegnare questo “esercito” di volontari per una media virtuale di 145 ore al giorno (55.000 ore complessive di attività volontaria all’anno).
Stando alle testimonianze delle guardie volontarie del WWF, nel nostro paese persistono aree ‘calde’ in cui il bracconaggio si concentra, legato ad anacronistiche tradizioni tramandate da secoli, del tutto inconciliabili con le condizioni di grave difficoltà della nostra fauna selvatica e del nostro ambiente. A rischio in particolare le zone di passaggio degli uccelli migratori (Valli bresciane, alcune zone umide lungo il Tirreno e l’Adriatico, come il parco del Delta del Po, valichi alpini, Stretto di Messina, soprattutto nel versante calabro), piccole isole (come Ischia, Ventotene, Ponza ) ma anche in alcune aree coltivate o tratti di costa e persino aree protette.
Sull’isola di Ischia, i volontari hanno presidiato il territorio giorno e notte per 15 anni ottenendo una fortissima riduzione di spari e atti illegali di bracconaggio.
Nelle Valli bresciane è un’attività di trincea: la comunità appoggia l’attività delle Guardie, ma il fronte dei pochi cacciatori approfitta di un’amministrazione locale favorevole e se un tempo nella sola provincia di Brescia le Guardie recuperavano 5000 archetti e trappole per la cattura degli uccelli in un anno, oggi la ‘raccolta’ avviene in una sola stagione. Ci sono fucili innescati lungo i sentieri (con gravissimi rischi per l’incolumità delle persone) e proprio di recente sono state sequestrate centinaia di anatre selvatiche poste in vasche come richiamo.
In Calabria la fauna è praticamente res nullius: rapaci prima di tutto, ma anche aironi, piccoli mammiferi come ghiri (bocconi ‘prelibati’ quelli fritti al ristorante) o specie particolarmente a rischio come i lupi sistematicamente abbattuti, e poi tordi e sasselli richiamati dai canti ‘artificiali’ dei richiami illegali. Anche se si tratta di una forma diversa e meno dilagante, le guardie combattono il bracconaggio anche in Toscana o in Umbria, per contrastare appostamenti notturni a cinghiali, caprioli, cerci la cui carne viene spesso venduta a ristoranti e privati. Negli ultimi anni, in Umbria, su 10 cacciatori che vengono controllati, almeno 4 ricevono sanzioni amministrative, di cui almeno 2 con notizia di reato presso la Procura della Repubblica, nella maggior parte dei casi non per uccellagione ma per attività svolte in periodi o luoghi non consentiti.
L’uccellagione invece continua a essere una piaga in Puglia, Sicilia e in Campania: qui il nucleo di guardie di Salerno è in azione costante anche all’interno di parchi come quelli dei Lattari, Cilento o lungo le sponde del fiume Sarno, con un triste bilancio annuale fatto di sequestri di armi con matrici abrase, di centinaia di animali cacciati illegalmente, di richiami acustici e altri strumenti vietati.