Con voto ad aprile altri 8 mln stipendio a Fiorito & co

Renata Polverini ha annunciato le proprie dimissioni, metà Consiglio regionale ha aderito alla richiesta del Pd di lasciare l’incarico, l’esperienza della giunta del Lazio sembra archiviata. Eppure, i soli stipendi degli attuali consiglieri regionali – se davvero si votasse in aprile – potrebbero costare alla collettività dai sette agli otto milioni di euro. Se si considera poi il costo complessivo della struttura del Consiglio – quello di Fiorito e delle note spese vagliate in queste ore dalla magistratura – si arriverebbe alla cifra di 52 milioni di euro complessivi, secondo le stime fornite dai Radicali.

Sia chiaro, il Consiglio ha comunque un costo, si tratti di quello uscente come di quello che verrà eletto nei prossimi mesi. E votare ad aprile con l’election day comporterebbe un risparmio rispetto al voto della sola Regione Lazio. Ma il fatto che alcuni dei consiglieri implicati a vario titolo nella vicenda continueranno a percepire lo stipendio per altri sei mesi – in caso di urne ad aprile – potrebbe risultare difficilmente sostenibile di fronte all’opinione pubblica.

Per queste ragioni la battaglia, sottotraccia ma violenta, in queste ore si è spostata sulla data del ritorno alle urne. La governatrice e l’esecutivo pare siano orientati a far votare il Lazio con un election day ad aprile, mentre buona parte dell’opposizione di centrosinistra preme per accelerare e votare a novembre. Costerebbe di più, sostengono i detrattori di quest’ultimo scenario. Ma senza anticipare le urne l’attuale Consiglio regionale degli scandali resterebbe in carica fino al voto, per l’ordinaria amministrazione.

Il costo complessivo della collettività per mantenere in vita questo Consiglio nei prossimi sei mesi si attesta intorno a 52 milioni di euro (103 milioni è il costo annuale, secondo i Radicali). Ma non è questo il dato più significativo, bensì il solo costo dei settantuno consiglieri uscenti, per i prossimi sei mesi. Il loro ‘stipendio’, per intenderci. Secondo i dati elaborati dalla radicale Antonella Casu, mensilmente i consiglieri percepiscono un’indennità lorda in ‘busta paga’ di 9.362,91 al mese. A questi va aggiunto il rimborso chilometrico (variabile) e la diaria (3.503,11 euro al mese): bisogna poi calcolare un’indennità di funzione, che varia da 2.311,43 euro a 595 euro netti, a seconda dell’incarico ricoperto. C’è infine il cosiddetto contributo eletto elettore, recentemente dimezzato, che si attesta a quota 2.095 euro mensili. In tutto, dai 16.500 mila agli oltre 19.500 mila euro lordi al mese. Senza contare il denaro pubblico che era messo a disposizione dai gruppi ai singoli consiglieri, circa 3 mila euro al mese, congelato dopo gli scandali di queste settimane.

Facendo i conti, al ribasso. Settantuno consiglieri (Polverini compresa), dai 16.500 ai 19.500 euro al mese per sei mesi: si oscilla da un costo di 7 milioni 29 mila euro a 8 milioni 307 mila euro fino a fine mandato. Senza contare le spese per mantenere in piedi la struttura dell’attuale consiglio regionale.

Il pressing è fortissimo, arriva da quasi tutti i gruppi di opposizione, come conferma anche la consigliera dell’Idv Giulia Rodano. Ma è l’Udc a rappresentare ancora una volta l’ago della bilancia. Forti sono le resistenze del partito laziale, mentre i vertici nazionali vagliano la possibilità di favorire politicamente il ritorno anticipato al voto che comporterebbe un probabile effetto a catena in altri consigli regionali amministrati dal Pdl, con conseguenze devastanti nel quartier generale berlusconiano.

La legge consente di votare a novembre. Dalle dimissioni della Presidente esiste il limite di 90 giorni per fissare la data del voto, dunque entro il 25 dicembre. Poi sono a disposizione 45 giorni di campagna elettorale, e si arriva fino a metà febbraio.
A quel punto il governo potrebbe decidere per l’election day, motivato da ragioni di risparmio, per elezioni entro aprile.
Eppure, se domani si fissasse la data delle urne – sottolinea Rodano – si potrebbe votare dal 10 novembre in avanti. Chi spinge per questa soluzione ipotizza il ritorno alle urne a fine di novembre.