La Corte di Cassazione torna sul tema del ‘matrimonio bianco’ e ha riconosciuto l’addebito del divorzio alla moglie che da tempo si rifiutava di avere rapporti sessuali col marito, negandosi da sette anni. In Italia – sottolinea l’Associazione matrimonialisti italiani le coppie ‘bianche’ sono il 30%, nulla quaestio se la scelta è condivisa ma se è unilaterale "la noia e l`abitudine possono costare molto care a quello dei coniugi che se ne lascia sopraffare" avverte così Gian Ettore Gassani, presidente dell`Ami, commenta la sentenza della Cassazione numero 19112 del 2012, per la "quale il dovere di ciascun coniuge di intrattenere una normale attività sessuale con l`altro è espressione dell`obbligo di assistenza morale", previsto dalla legge.
Il matrimonialista spiega: "Il parametro normativo per la formulazione del giudizio di addebitabilità della separazione è costituito dall`assunzione da parte di uno dei coniugi di un comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio, tra i quali, in realtà, non emerge nulla di specifico in tema di rapporti sessuali. Ma si può far discendere indirettamente una previsione legislativa è quello del secondo comma dell`articolo 143 codice civile, secondo cui ‘dal matrimonio deriva l`obbligo reciproco alla fedeltà, all`assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell`interesse della famiglia, e alla coabitazione’. Tuttavia – precisa il matrimonialista – non qualsiasi inadempienza determina addebito della separazione, occorrendo violazioni di un certo spessore e rilevanza. Nel caso specifico sette anni di convivenza formale sono certo un presupposto importante, attesa la ininfluenza della prolungata tolleranza di un coniuge rispetto alla violazione dei doveri matrimoniali da parte dell`altro, vertendosi in materia in cui i diritti e doveri sono indisponibili".
E "il 30% delle coppie italiane, anche under 40, vive un matrimonio bianco, senza sesso. E quando tale situazione non è frutto di un accordo bensì di una scelta unilaterale, allora può essere fonte di una responsabilità gravida di conseguenze di natura giuridica sul fronte delle separazioni personali".
"Non è la prima volta – ricorda Gassani – che la Cassazione si esprime in questa delicata materia, entrando per così dire in camera da letto, a tutela e monito della integrità psicologica e della sfera sessuale dei coniugi e di un`istituzione, il matrimonio, che non va ridotto a mero simulacro".
Così – conclude – la sentenza non fa che confermare il prevalente indirizzo giurisprudenziale, per il quale il dovere di ciascun coniuge di intrattenere una normale attività sessuale con l`altro, è espressione dell`obbligo di assistenza morale di cui all`articolo 143 codice civile, "ed è solo una sfaccettatura del dovere vicendevole di far fronte ai bisogni dell`altro, inclusi quelli di natura sessuale".