Il nostro sistema fiscale, improntato sull’equità della progressività, è figlio di una cultura che vede nelle tasse uno strumento formidabile per espropriare ricchezza ai ricchi nel tentativo di trasferirla ai più poveri. Tale operazione ha di certo impoverito i ricchi ma non è servita ad elevare il livello di ricchezza dei poveri.
Oltre al carattere espropriativo il nostro sistema fiscale è appesantito da una serie di agevolazioni e detrazioni, anche retroattive, che oltre a pesare sul bilancio dello Stato, generano incoerenze e confusione nei contribuenti.
L’idea che l’equità sociale possa essere raggiunta con tassazione progressiva e non sui programmi di spesa è all’origine della distorsione per cui l’Italia nel 2012 ha visto aumentare la spesa pubblica di 70 mld di euro.
L’Italia è un Paese che ha un tasso di evasione fiscale altissimo e un sistema in cui i ricchi si fingono meno abbienti e in cui l’evasore entra spesso in un circuito di illegalità a sua insaputa.
L’evasione ha un costo sia in termini diretti che in termini indiretti, ma l’evasione fiscale in molti casi rappresenta una forma di legittima difesa. «Nel 1987 la Commission on Tax payer Compliance degli Stati Uniti giunse alla conclusione che “l’evasione fiscale dei singoli è spesso provocata dalle alte aliquote d’imposta, il senso di ingiustizia nutrito nei confronti del sistema fiscale e la complessità delle leggi tributarie”. Considerazione che avvalora il motto liberale secondo il quale “pagare le tasse è un dovere, non pagarne troppe è un diritto”.» (v. Una flat –tax per l’Italia, Emanuele Canegrati).
Non si varerà alcuna vera riforma fiscale finché non si avrà il coraggio culturale di affermare che non esiste una sola idea di fiscalità, ma sono possibili tanti modelli di fisco quanti possono essere i modelli di Stato.
La fiscalità italiana è affetta da egualitarismo, da “filosofia del sospetto”, da perfezionismo, da “ipertrofia normativa”.
La vera riforma fiscale di cui l’Italia ha bisogno è quella di una fiscalità sussidiaria, ma prima bisogna passare per una moratoria fiscale: il blocco delle norme, con la sola eccezione delle norme di manutenzione conseguenti al monitoraggio dell’esistente. Solo interventi correttivi di vera semplificazione potranno ridare certezza al diritto, migliorando le norme già esistenti.
Nonostante le criticità croniche della fiscalità, l’amministrazione fiscale italiana è oggi al pari, forse superiore, a quella degli altri Stati.
L’Agenzia delle Entrate, in particolare, ha fatto cambiamenti che potrebbero essere presi a modello dalle grandi imprese private.
Perché l’Agenzia possa perseguire l’obiettivo strategico ultimo, quello della "fedeltà fiscale" occorre però che il ministero dell’Economia non la vincoli più con gli obiettivi monetari.
Per crescere in efficienza strategica, occorre che l’efficacia dell’obiettivo monetario non dipenda da politiche legate ad accertamenti e “ganasce fiscali”.
Occorre mutare gli obiettivi, assegnando all’Agenzia delle Entrate obiettivi a medio termine di incremento del gettito spontaneo frutto di un’amministrazione fiscale credibile ed equilibrata.
La pretesa impositiva dovrà essa stessa diventare più equilibrata e meno oppressiva: solo alleggerendo il prelievo si potrà aumentare il gettito.
Se l’iceberg del sommerso esiste, allora proviamo a lasciarlo emergere alleggerendo il peso fiscale. Il contribuente si troverà disincentivato ad evadere, verserà meno di quello che gli si chiedeva prima e che spesso non ha mai versato.
Bisogna invertire il vecchio slogan socialista “pagare tutti per pagare meno”, in un nuovo slogan liberista “pagare meno per pagare tutti”.
Ciò che serve è un nuovo sistema fiscale basato sull’abbattimento delle aliquote e sulla semplificazione. L’introduzione del vincolo del pareggio di bilancio rischia di produrre, di fronte alla difficoltà di ridurre la spesa pubblica, un aumento della pressione fiscale già oggi insopportabile. Inoltre la revisione al ribasso delle aliquote maggiori farebbe venir meno la legittimazione morale dell’evasione.
Alessandro Pagano