Lapalissiano che preferisca tenersi il porcellum piuttosto che una riforma della legge elettorale che favorisca il Pd o (peggio) certi nomi della nomenclatura (soprattutto ex An) che tifano per le preferenze. E poi c’è quel diktat al governo: election day o stacchiamo la spina. Sono queste le due condizioni che Silvio Berlusconi intende imporre alla dirigenza del Pdl. E chi non ci sta? Si accomodi, quella è la porta. Il Cavaliere, dunque, fa slittare al 12 dicembre la sua prevista partecipazione di domani alla presentazione del libro di Bruno Vespa. Ma sarà comunque a Roma, per presiedere un vertice con lo stato maggiore (seppure in versione ristretta) del partito. Non si tratta di quell’Ufficio di presidenza annunciato in una nota dal segretario Angelino Alfano per risolvere l’annosa questione delle primarie, ancora ufficialmente convocate per il 16 dicembre.
D’altra parte quella riunione Silvio Berlusconi ha cercato di ‘boicottarla’ da subito, né – almeno inizialmente – aveva alcun voglia di fare capolino domani nella Capitale a sottoporsi a uno di quelli che considera fastidiosi riti di partito. Ma alla fine, viene spiegato, avrebbe prevalso la necessità di far emergere la sua linea dura e, se necessario, anche arrivare a una conta interna, viste le insistenti voci di ‘fronde’ soprattutto al Senato chiamato a votare (forse) la legge elettorale. Ieri a conclusione di un vertice a via dell’Umiltà, infatti, è stata partorita una proposta, che prevede un premietto fisso di 50 deputati al primo partito, di fatto indigeribile per il Pd.
Il vertice convocato per domani a palazzo Grazioli – spiegano dalle parti del Cavaliere – sarebbe di fatto ‘propedeutico’ a due scadenze dei prossimi giorni: l’approdo in Aula della riforma del sistema di voto e la riunione del Consiglio dei ministri di giovedì che potrebbe (ma anche no) esprimersi sulla questione dell’election day. L’incontro, dunque, servirebbe al Cavaliere a rendere chiaro all’esterno che ormai lui è sulla linea tranchant.
Quanto al partito, la logica è più o meno questa: chi mi ama mi segua. Con la speranza, neanche troppo recondita, di liberarsi di quelli che considera dei ‘pesi morti’, ‘facce vecchie’ e ‘voltagabbana’. Che questa ‘operazione’ gli riesca non è però scontato. Perché non è, appunto, affatto scontata la voglia degli ex An di farsi un loro partito, né dei ciellini di trovare comoda collocazione nelle liste pro-montiane.
L’ex premier continua a dirsi pronto a un ritorno in campo ma non è detto che domani pronunci una parola definitiva sulla sua intenzione di creare una lista personale. Perchè prima di sciogliere il nodo dei nodi vorrebbe attendere, per l’appunto, che siano chiari due punti nient’affatto trascurabili: come e quando si vota. In questo momento i pochi che hanno davvero avuto accesso al dossier spiegano che, aspettando gli eventi, resta momentaneamente in stand by il lancio di Forza Italia 2.0. Di certo, per il Pdl – a prescindere dalle beghe interne – incombe la questione finanziaria. Le casse del partito ‘piangono’, il deficit è di circa 60 milioni di euro. Al punto che oggi a via dell’Umiltà si è discusso della probabile chiusura delle sedi di Milano, Torino e Roma.