Bagnasco, non mandare in malora un anno di sacrifici

‘Non si può mandare alla malora i sacrifici di un anno’. Così il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, intervistato dal Corriere della Sera, sulla situazione politica all’indomani delle dimissioni annunciate dal presidente del Consiglio, Mario Monti. La preoccupazione più grande, dice, ‘è la la tenuta del nostro paese e quindi la coesione sociale. Fino a quando ce la farà l’Italia? – si chiede l’arcivescovo di Genova – Un anno fa il problema era di metterla in sicurezza dentro una crisi di sistema che era stata sottovalutata per troppo tempo e di fronte a una classe politica incapace di riforme effettive, spesso solo annunciate. Nel frattempo il governo tecnico ha messo al riparo da capitolazioni umilianti e altamente rischiose. Non si può mandare in malora i sacrifici di un anno, che sono ricaduti spesso sulle fasce più fragili’. Secondo Bagnasco ‘ciò che lascia sbigottiti è l’irresponsabilità di quanti pensano a sistemarsi mentre la casa sta ancora bruciando’. E si conferma, ‘la radice di una crisi che non è solo economica e sociale, ma culturale e morale. Per troppo tempo i partiti sono stati incapaci di pervenire a decisioni difficili e a parlare il linguaggio della franchezza e non quello della facile demagogia’. In merito alla scelta del premier di lasciare dopo l’approvazione della Legge di Stabilità, Bagnasco aggiunge: ‘La chiusura anticipata della legislatura è sempre un segnale negativo per la politica e per un Paese.
Nello specifico, piuttosto che galleggiare e’ meglio un atto coraggioso. Era una decisione, forse inevitabile’. Il momento presente ‘richiede di continuare a concentrarsi sui problemi prioritari dell’economia, sul modo di affrontare la drammatica questione del lavoro e sulla lotta alla corruzione’. Da questo punto di vista ‘sarebbe un errore non avvalersi di chi, come il premier, ha contribuito in modo rigoroso e competente alla credibilita’ del nostro Paese in campo europeo’.
A mio parere, prosegue il presidente della Cei parlando delle prospettive da privilegiare per ridare sviluppo al Paese, ‘c’e’ una condizione di partenza di cui tener conto per non vivere fuori dalla storia. Mi riferisco all’Europa.
Pur condividendo l’impressione che sia stata data per scontata la sua identita’, tralasciando di valorizzarne le sue coordinate culturali e spirituali, resta vero che non e’ pensabile tirarsi fuori dall’area di riferimento economica e finanziaria del nostro Paese, pena un isolamento autolesionistico. Occorre mettere in conto di interagire con il Continente che il nostro paese ha contribuito a consolidare’. Fatta questa premessa geopolitica ‘penso che giovani e famiglia siano due prospettive da assecondare con maggiore convinzione’. Ora, conclude, ‘il vento gelido dell’antipolitica, comunque si esprima, non va sottovalutato’. La richiesta corale di riforma della politica ‘richiede inevitabilmente anche la riforma dei partiti e del personale politico’.