Nel 2011, il 28,4% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale, secondo la definizione adottata nell’ambito della strategia Europa 2020. L’indicatore deriva dalla combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2010), della severa deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro ed è definito come la quota di popolazione che sperimenta almeno una delle suddette condizioni. Lo comunica l’Istat nel suo report sul "Reddito e condizioni di vita". Rispetto al 2010 l’indicatore cresce di 2,6 punti percentuali a causa dall’aumento della quota di persone a rischio di poverta’ (dal 18,2% al 19,6%) e di quelle che soffrono di severa deprivazione (dal 6,9% all’11,1%). Dopo l’aumento osservato tra il 2009 e il 2010, sostanzialmente stabile (10,5%) e’ la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensita’ di lavoro. Il rischio di poverta’ o esclusione sociale e’ piu’ elevato rispetto a quello medio europeo (24,2%), soprattutto per la componente della severa deprivazione (11,1% contro una media dell’8,8%) e del rischio di poverta’ (19,6% contro 16,9%). Aumentano, rispetto al 2010, gli individui che vivono in famiglie che dichiarano di non potersi permettere, nell’anno, una settimana di ferie lontano da casa (dal 39,8% al 46,6%), che non hanno potuto riscaldare adeguatamente l’abitazione (dall’11,2% al 17,9%), che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 33,3% al 38,5%) o che, se volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 6,7% al 12,3%). Il 19,4% delle persone residenti nel Mezzogiorno e’ gravemente deprivato, valore piu’ che doppio rispetto al Centro (7,5%) e triplo rispetto al Nord (6,4%). Nel Sud l’8,5% delle persone senza alcun sintomo di deprivazione nel 2010 diventa gravemente deprivato nel 2011, contro appena l’1,7% nel Nord e il 3% nel Centro. Le famiglie più esposte al rischio di deprivazione sono quelle più numerose e/o con un basso numero di percettori di reddito. Si trovano piu’ spesso in condizioni di disagio le famiglie monoreddito, come gli anziani soli e i monogenitori, e quelle con tre o piu’ figli minori. Le persone in famiglie a prevalente reddito da lavoro autonomo mostrano una minore diffusione della severa diprivazione di quelle sostenute dal lavoro dipendente o da pensioni; le famiglie di pensionati sono anche quelle che hanno mostrato i piu’ evidenti segnali di peggioramento tra il 2010 e il 2011. Il rischio di poverta’, calcolato sulla base del reddito 2010, mostra aumenti piu’ marcati tra gli individui residenti nelle regioni del Mezzogiorno, in famiglie monoreddito, dove la fonte principale di reddito e’ da lavoro, sia dipendente sia autonomo, tra le coppie con figli, con almeno un minore, i monogenitori e le famiglie di altra tipologia, con membri aggregati. Il 50% delle famiglie residenti in Italia ha percepito, nel 2010, un reddito netto non superiore a 24.444 euro l’anno (circa 2.037 al mese). Nel Sud e nelle Isole, metà delle famiglie percepisce meno di 19.982 euro (circa 1.665 euro mensili). Il reddito mediano delle famiglie che vivono nel Mezzogiorno è pari al 73% di quello delle famiglie residenti al Nord, valore inferiore a quello registrato nel 2009 (76%); nel Centro la quota si attesta al 94% (era il 96%) a segnalare un aumento del divario territoriale, a svantaggio del Centro-sud. La quota di reddito totale del 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia è pari al 37,4%, mentre al 20% più povero spetta l’8% del reddito. Nel 2010 la disuguaglianza, misurata dall’indice di Gini, mostra un valore più elevato nel Mezzogiorno (0,33), inferiore nel Centro (0,30) e nel Nord (0,29). Su scala nazionale l’indice di Gini è pari allo 0,32. Sia gli indicatori relativi alla quota di reddito posseduta dal 20% più ricco e più povero, sia l’indice di Gini segnalano un leggero aumento della disuguaglianza di reddito tra il 2009 e il 2010.