Elezioni: incandidabilità e firme per le liste, bagarre in Parlamento

Non è una ”fine ordinata della legislatura nella convinzione del grande e decisivo valore per l’Italia della continuità e stabilità, spesso trascurato in storia repubblicana”, come aveva auspicato pochi giorni fa il presidente Giorgio Napolitano nel tradizionale discorso di fine anno alle alte cariche dello Stato. Ieri è stata una giornata particolarmente caotica alla Camera sul problema del decreto per le liste elettorali. Mentre al Senato si procedeva al rallentatore nel licenziare la legge di stabilità con voto di fiducia (oggi ci sara’ il voto di fiducia della Camera) e si arenava il provvedimento ”liste pulite” messo a punto dal governo sulle incandidabilità. Sul problema firme, lo scontro scoppia perche’ in commissione Affari costituzionali (con parere negativo del Pd) si decide che non debbano raccogliere firme i gruppi già presenti in Parlamento (il decreto emanato dal governo lo scorso 18 dicembre prevedeva la riduzione del 50% delle firme necessarie per la presentazione delle liste elettorali). Secondo l’emendamento presentato da Ignazio Abrignani, Pdl, e votato a maggioranza, non deve raccogliere firme chi, alla data del 20 dicembre, ha un gruppo parlamentare in uno dei due rami del Parlamento. Ecco cosi’ che il testo arriva in Aula con l’appellativo di ”salva-La Russa” perche’ permette al nuovo raggruppamento Centrodestra nazionale promosso dall’ex ministro della Difesa, che intanto ha costituito un proprio gruppo parlamentare al Senato, di evitare la tagliola della raccolta delle firme. Il dibattito e’ continuato in Aula per tutto il pomeriggio con il Pd che ha iscritto quasi tutti i suoi deputati a parlare per segnalare il proprio disaccordo mentre in Transatlantico si accavallavano voci sulla formazione di nuovi gruppi parlamentari per usufruire della norma ”salva La Russa”. Nella Conferenza dei capigruppo convocata in serata per sbloccare la situazione e’ intervenuta Anna Maria Cancellieri, ministro dell’Interno, che ha chiesto con forza che il decreto sia convertito al piu’ presto con un emendamento che cancella la norma ”salva La Russa”. La soluzione auspicata prevederebbe la riduzione del 75% delle firme (e non piu’ del 50%) rispetto alle vecchie norme. Verrebbero inoltre esentati dalla raccolta delle firme solo i gruppi politici che hanno una rappresentanza in entrambe le Camere. L’emendamento risolutivo potrebbe essere presentato dallo stesso governo. La discussione sul provvedimento riprendera’ oggi alla Camera dopo il voto finale sulla legge di stabilita’. Prima della riunione della Conferenza dei capigruppo, erano arrivano le dimissioni di Gianclaudio Bressa, Pd, da relatore mentre il vice capogruppo dei democratici Michele Ventura chiedeva formalmente che il decreto sulle firme tornasse alla versione originaria altrimenti il suo partito non lo avrebbe votato. La Russa e’ intervenuto in Aula chiedendo a Bressa di ritirare le dimissioni da relatore: ”Lo tranquillizzo: se pensava che questo decreto fosse un regalo, effettivamente lo e’. Effettivamente il decreto regala a tutti la possibilita’ del dimezzamento delle firme. E lo fa a chi ha un gruppo alla Camera e non al Senato. Non a chi si e’ fidato in buona fede della parola del governo – mai fidarsi dei tecnici – che non sarebbe mai stato cambiato quel testo e quindi era inutile costituire il gruppo due giorni fa”. Un altro problema di fine legislatura e’ costituito dal provvedimento ”liste pulite” che prevede l’incandidabilita’ per chi e’ stato condannato in via definitiva. La questione non e’ stata discussa nel Consiglio dei ministri convocato ieri presso il Senato per varare la nota di variazione del bilancio. Motivazione del rinvio e’ stato il mancato parere ricevuto da parte della commissione Bilancio del Senato che era stato richiesto dall’esecutivo. ”Appena arriva, lo portiamo in Consiglio dei ministri”, ha dichiarato il ministro Cancellieri. Antonio Azzolini, Pdl, presidente della commissione Bilancio del Senato ha giustificato cosi’ il ritardo: ”Ci siamo occupati della nota di variazione del bilancio dello Stato e della legge rafforzata di attuazione della Costituzione sul pareggio di bilancio”. Questa situazione caotica che si e’ registrata ieri sia alla Camera, sia al Senato rende difficile prevedere quando il presidente Napolitano sciogliera’ le Camere e quando si terra’ la conferenza stampa di fine anno e legislatura del premier Mario Monti. Secondo le indiscrezioni, quest’ultimo appuntamento potrebbe essere fissato a domenica 23 dicembre.