"Quando l’arbitro scende in campo si pone un problema non solo per la sua imparzialità nel passato ma anche per quella di tutti coloro che esercitano la medesima funzione": con questa metafora sportiva il vicepresidente del Csm Michele Vietti ha rilanciato le sue perplessità sulle candidature di magistrati alle elezioni.
Intervistato dalla Stampa, Vietti ha osservato che "il problema non sono Pietro Grasso o Antonio Ingroia, o i meno noti Dambruoso e Amore, ma il tema di carattere generale dell’impegno in politica dei magistrati".
"Mi auguro – ha detto ancora il vicepresidente dell’organo di autogoverno delle toghe – che nella prossima legislatura si affronti finalmente in modo organico la questione sia disciplinando in modo più rigido le incompatibilità, allontanando il più possibile nel tempo e nello spazio il candidato dal luogo di esercizio della sua funzione, sia prevedendo, come già ipotizzato nella proposta di legge Casson e in altre, che il magistrato che ‘sale in politica’ al termine della sua esperienza debba trovare collocazione in altra funzione per la pubblica amministrazione".