Se il quadro politico è ancora confuso, di certo c’è una strada che ieri si è chiusa definitivamente ed è quella delle larghe intese. Il partito democratico lo ha chiarito in serata a Giorgio Napolitano, dopo una giornata di consultazioni al Colle, respingendo al mittente la richiesta del Pdl di un governissimo. La partita resta dunque aperta e al Pd attendono "con fiducia" le decisioni del Presidente della Repubblica.
Due le strade che ora si aprono: un governo di scopo, di cui i democratici consentirebbero la partenza tenendosi le mani libere sui provvedimenti, oppure il voto nonostante tutte le incognite sui tempi e la controindicazione di una legge elettorale che potrebbe riportare a uno schema di ingovernabilità. In caso non si riuscisse a far decollare un esecutivo, si dovrebbe attendere l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Le procedure inzieranno a metà aprile a meno che, come sostengono voci insistenti rimbalzate oggi alla Camera, Napolitano non riveda la decisione piu’ volte ribadita di arrivare fino alla fine del mandato.
"Non c’e’ nessun passo indietro di Pier Luigi Bersani", hanno assicurato al Pd, "si aspettano le valutazioni di Napolitano".
Nelle consultazioni al Quirinale, la delegazione del Pd guidata dal vicesegretario Enrico Letta ha ribadito che la strada principale per il partito resta quella di un governo a guida Bersani. Altre soluzioni, hanno sottolineato i democratici, presenterebbero difficolta’ ancora maggiori. Di certo un governissimo "non sarebbe idoneo", ha chiarito Letta. Cosi’ come irricevibili sono le pretese di Berlusconi di concordare un programma.
Archiviata questa ipotesi, anche la soluzione di governo del presidente sarebbe "impervia".
Il Pd non ha detto no a prescindere a soluzioni per cui si fanno i nomi di Annamaria Cancellieri, Fabrizio Saccomanni ed Enrico Giovannini. Ma ha ricordato il veto posto da Pdl e Lega. Dal canto loro i democratici potrebbero anche consentirne la partenza, ma con 340 deputati alla Camera lo condizionerebbero pesantemente chiarendo a priori l’intenzione di valutare ogni volta i songoli provvedimenti. E con queste ipoteche che garanzie ci sarebbero per un premier di avere maggiore successo di Bersani a un voto di fiducia? Se si rompessero tutti gli argini, l’unica prospettiva resta il voto, con Monti in ‘prorogatio’. Quanto presto si potrebbe tornare alle urne e’ difficile dirlo.
Di certo con un clima di guerra il Pd non rinuncerebbe alla partita del Quirinale. E potrebbe magari spendere un nome come quello Romano Prodi. Per il Pd, nonostante le difficolta’ o proprio le le difficolta’, ancora il doppio registro governo-riforme potrebbe tenere. "La Convenzione era e per noi e’ ancora il luogo in cui deve avvenire questa legittimazione reciproca delle forze politiche perche’ questo il risultato elettorale impone e perche’ le riforme si devono fare a maggioranza larga", ha spiegato Letta. La pensa cosi’ anche l’alleato Nichi Vendola. "C’e’ la necessita’ di portare fino in fondo il tragitto, portare in parlamento un squadra di governo e un programma di cambiamento", ha detto. Anche perche’ "Bersani e’ la piu’ matura e forte espressione della volonta’ di dialogo con le istanze del Movimento 5 Stelle".
Quanto al segretario, ieri ha seguito da lontano le vicende. Gia’ in mattinata e’ rientrato a Piacenza, ma e’ stato in costante contatto con Letta, Luigi Zanda e Roberto Speranza.
E’ stato lui alla fine a dare l’imprimatur a quel "non manchera’ il nostro supporto alle decisioni che prendera’" Napolitano pronunciato da Letta.
Il partito pero’ sta cominciando a mostrare qualche crepa.
Non a tutti il niet alle larghe intese e’ piaciuto. "Lo stallo uccide, dobbiamo sparigliare", ha chiesto Beppe Fioroni.
E c’e’ chi a consultazioni ancora aperte ha fatto il nome di un possibile ‘sparigliatore’, Matteo Renzi. "Il Piano B c’e’ gia’ e ha un nome: Matteo Renzi, anche da subito, anche da stasera", ha detto Deborah Serracchiani subito ripresa dai fedelissimi di Bersani.
Quanto al sindaco di Firenze, non ha nessuna intenzione di buttarsi nella mischia, hanno assicurato i suoi. Renzi e’ a Palazzo Vecchio a lavorare e segue le vicende nazionali come tutti dalla stampa, ha chiarito il suo portavoce, e’ fuori da tutti i giochi. Per ora. Se questo giro dovesse fallire per il Pd, tocchera’ a lui ma solo con il passaggio delle urne.