Un messaggio all’esterno: niente governo con il Pdl ma apertura a un’ampia intesa sul prossimo Presidente della Repubblica. E un messaggio all’interno: se nel Pd qualcuno pensa che la linea sia sbagliata esca allo scoperto. Pier Luigi Bersani si è presentato oggi alla stampa e ha ribadito che per il Pd le strade da percorrere restano da un lato quella del "governo di cambiamento" e dall’altro quella delle riforme. Non il voto, ha avvertito, perche’ "il problema non puo’ essere risolto andando a nuove elezioni". Dopo avere passato gli ultimi dieci giorni sotto il fuoco dei suoi avversari politici, anche dentro il Pd, il segretario ha ribadito le ragioni che l’hanno portato a tentare di trovare i numeri per far partire un esecutivo. "Ho fatto quel che dovevo fare", ha chiarito in una conferenza stampa al largo del Nazareno, accanto a un silente Enrico Letta. Ora, ha ammesso, il preincarico ricevuto da Giorgio Napolitano "è stato assorbito" dalla decisione del Presidente di far partire il lavoro dei ‘saggi’ "il che non vuol dire che vado al mare… io ci sono. Non intendo essere un ostacolo ma ci sono". Nessuno, ha spiegato "corre dietro ai grillini" ma certo dal Movimento 5 Stelle e’ arrivato "un disimpegno conclamato" mentre ci si sarebbe aspettata "una sensibilita’ in piu’". Quanto al Pdl, "un governissimo con Pdl e Scelta civica sarebbe una risposta sbagliata". Sarebbe un esecutivo "immobile", vista anche l’esperienza di Monti in cui Berlusconi si e’ mostrato "inaffidabile". Allora, e’ l’invito, "guardatela meglio questa proposta", questo "doppio registro realistico e credibile. Sto cercando un equilibrio di corresponsabilita’ largo, aderendo o consentendo, per avviare la legislatura". Dunque Bersani non considera chiusa ogni via. "Ritengo che la ripartenza venga consegnata al nuovo presidente, ma è un’interpretazione", ha subito aggiunto. Del resto, e ha tenuto a sottolinearlo, quella del governo di cambiamento e’ la proposta di tutto il Pd. E’ nei prossimi dieci-quindici giorni che si gioca tutto, con la partita del Quirinale. Bersani ha ribadito l’intenzione di cercare una convergenza e ha smentito che lo accusa di non voler legittimare Silvio Berlusconi: "Sono pronto a incontrarlo, ma in una sede istituzionale, non ad Arcore o palazzo Grazioli". Battuta che ha fatto saltare sulla sedia i fedelissimi di Matteo Renzi, cui ancora in tanti non perdonano la visita all’allora presidente del Consiglio a villa Macherio.
"Noi abbiamo in testa solo di lavorare onestamente per avere un presidente di larga condivisione, fino a prova contraria di impossibilita’ a trovare a questa soluzione", ha assicurato.
Questo non significa che il Pd appoggera’ nomi ‘indigeribili’: "Non ci si detta il compito". L’impressione e’ che se la partita di governo restera’ congelata fino all’elezione del nuovo Capo dello Stato, ora pero’ e’ non solo nel confronto con le altre forze politiche ma anche nel dibattito interno che Bersani dovra’ verificare la tenuta delle sue posizioni. E il segretario sa bene delle fibrillazioni interne e delle accuse che gli arrivano anche nel Pd di essere "ostinato". "Se Bersani serve per aiutare questa strada, Bersani c’e’. Se fosse un ostacolo, Bersani e’ a disposizione. Prima di tutto c’e’ l’Italia", ha detto. In ogni caso, e lo ha chiarito anche oggi, fino al congresso resta lui segretario poi "la ruota girera’".
Non e’ un caso che oggi le parole di Bersani siano state accolte da un silenzio rotto solo dalle dichiarazione dei fedelissimi, oltre che dell’alleato Nichi Vendola. "Bravo Bersani, nessuna alleanza con Berlusconi", ha detto. Sostegno al leader del Pd e’ arrivato anche da Davide Zoggia e Nico Stumpo. Ma sono i mormorii del Transatlantico a fare molto piu’ rumore, perche’ la maggioranza che Bersani avrebbe nei gruppi parlamentari, e’ opinione di molti, si sta di giorno in giorno corrodendo. Nessuno, tranne i pasdaran, vuole le elezioni tantopiu’ con questa legge elettorale. E si ingrossano le file di chi vorrebbe a questo punto un governo di scopo, meglio ma non per forza con il Movimento 5 stelle. Difficolta’ che potrebbero diventare conclamate se la prossima settimana si dovesse tenere, come qualcuno dice, una direzione. "Dopo il voto unanime di oggi, e’ incomprensibile l’indisponibilita’ a un governo di tutti, con un programma circoscritto a economia e riforme", ha spiegato Giorgio Tonini. Ancora piu’ netto Matteo Richetti. "Non si vuole tentare la via del protagonismo parlamentare, ma non si puo’ buttare via la legislatura", ha detto il deputato renziano. "Serve un cambio di passo, magari presentando un unico articolo di legge con cui si dimezza il numero dei parlamentari o si cambia la legge elettorale", ha spiegato, "gli artigiani in difficolta’ non hanno tempo di inveire su Twitter contro un governissimo… Bisogna ascoltare il Paese che chiede di dare un governo all’Italia".