Dopo il flop di Franco Marini, è arrivato quello di Romano Prodi con dimensioni inaspettate: 395 voti. Il Pd si augurava che il Professore potesse avvicinarsi ai 500 voti in modo che domattina Scelta Civica, dopo aver votato Anna Maria Cancellieri, potesse confluire sul candidato del centrosinistra. Al conteggio dei voti Pd ne mancano però 101. Stefano Rodotà ha ricevuto 51 voti in più rispetto allo zoccolo duro dei grillini. Anna Maria Cancellieri ha ottenuto 9 voti in piu’ di quelli annunciati da Scelta Civica. Quindici voti sono andati a Massimo D’Alema, altri dispersi. ”Il Pd sta tenendo un congresso mentre si vota il Presidente della Repubblica. Se il Pd cancella la candidatura di Prodi, noi torneremo a votare Rodotà”, dichiara Nichi Vendola. Matteo Renzi pensa invece che il nome di Prodi debba essere a questo punto abbandonato. Uno smarrito Roberto Zaccaria, sagace osservatore ed ex parlamentare Pd, si sfoga sull’uscio dell’Aula di Montecitorio: ”Ormai è chiaro che qualsiasi candidato del Pd verrebbe impallinato. Bisogna cercare un altro nome, per esempio quello di Gustavo Zagrebelsky, che e’ gradito pure ai grillini. Su Rodota’ non si puo’ confluire perche’ il suo nome e’ ormai troppo marcato”. Al di la’ delle dichiarazioni, il Pd si e’ sbriciolato in vari pezzi. Non ha funzionato la ”politica dei due forni”, espressione coniata in altri tempi da Giulio Andreotti alludendo a una metafora precisa: per acquistare il pane (cioe’ fare la politica piu’ congeniale ai propri interessi alleandosi con altre forze), ci si poteva rivolgere indifferentemente a uno dei due forni a disposizione: il forno di sinistra (socialisti), il forno di destra (liberali, eventualmente anche i missini). Con Marini, il Pd ha tentato di attingere i voti necessari alla sua elezione dal campo del centrodestra provando a trovare un accordo anche su un possibile ”governo del Presidente”. Con Prodi, si e’ provato a cambiare forno: si sono trovati i voti di Sel, non quelli del M5S, ma si sono persi i propri. Il segretario Pier Luigi Bersani, molto debilitato nel suo ruolo, ha convocato per stasera il gruppo dirigente del Pd. Difficile prevedere la prossima mossa. Anche perche’ per ora tutti i capicorrente del partito non si sono ancora espressi. Si tornera’ al primo forno, tentando l’accordo con il Pdl sul nome di D’Alema? Si confluira’ per esasperazione su Rodota’, che comunque e’ un nome rappresentativo del centrosinistra? Si cerchera’ un nome nuovo? Si accettera’ il dialogo con Scelta Civica su Cancellieri? Sono tutte ipotesi possibili. L’urgenza di Bersani, che sembrava riuscita questa mattina con la proposta di elezione di Prodi, e’ ricompattare il piu’ possibile il Pd: i conti si faranno poi nel congresso in autunno, se prima non arriveranno le dimissioni del segretario (ipotesi smentita dal suo staff) accusato da piu’ parti di aver portato una armata brancaleone alla scadenza dell’elezione del Presidente della Repubblica. Ma non e’ chiaro su che ipotesi il Pd si possa ricompattare. Gongola intanto il centrodestra. La sua scelta di non presentarsi in Aula con i suoi 270 parlamentari e’ stata indubbiamente pagante perche’ ha esaltato le divisioni del centrosinistra: i franchi tiratori non hanno scusanti, vengono tutti dall’area del Pd anche perche’ – come ha spiegato Vendola davanti alle telecamere – i parlamentari di Sel hanno votato in modo riconoscibile ”R. Prodi”, proprio per evitare polemiche. Domani si ricomincia. Il quinto scrutinio e’ previsto con inizio alle 10.