Non si può più tacere e fare finta di nulla dopo aver letto gli esiti della ricerca SIMIT (Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali) sull’impatto delle malattie infettive nelle carceri. A evidenziarlo Giovanni D’Agata presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che rincara la dose, dichiarando che alla luce di tali dati, lo stato dei penitenziari italiani appare come quello di un qualsiasi Paese del Terzo Mondo, se le malattie infettive hanno raggiunto i livelli individuati nel rapporto anche perché le condizioni carcerarie con gli istituti che “scoppiano”, favoriscono la diffusione di patologie anche per l’inadeguatezza o addirittura l’inesistenza di appositi presidi in grado di contrastarne l’espansione. Lo studio in questione è recentissimo tant’è che è stato presentato durante la V edizione di I.C.A.R., Italian Conference on AIDS and Retrovirus, svoltasi gli scorsi 12, 13 e 14 maggio, presso il Centro Congressi del Lingotto di Torino. E gli elementi emersi sono sconcertanti: la positività per il test di epatite C è pari al 28% dei detenuti, per l’epatite B del 7%, ed il 3,5% per l’Hiv. Peraltro, il 20% presenta una tubercolosi latente, ed il 4% ha presentato test positivi per la sifilide. Un’altra circostanza eclatante e che desta maggiore preoccupazione è che una persona su tre non è a conoscenza di avere una patologia infettiva con la conseguente maggiore possibilità di diffusione di contagi. La ricerca condotta da SIMIT e NPS Italia Onlus (Network Persone Sieropositive) è stata effettuata su venti istituti su un campione pari al 60% dei detenuti, per un totale di circa 2700 unità. Come abbiamo voluto evidenziare, il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non possono restare inerti di fronte a tali cifre, perché dietro queste si nascondono le vite di migliaia di persone per le quali è vero che bisogna garantire la necessaria punizione ovviamente a fini educativi e riabilitativi, ma a cui non si può calpestare la dignità e i diritti di malati o un’adeguata profilassi e attività di prevenzione. Per tali ragioni, lo “Sportello dei Diritti” è pronto ad assumere le difese anche giudiziali di tutti quei detenuti che abbiano contratto malattie infettive negli istituti di pena o che se già ammalati, non siano stati adeguatamente curati all’interno degli stessi.