AssoTutela, Dignità per i carcerati

“Le pene dovrebbero essere riabilitative e non persecutorie”. Lo dichiara il Presidente di AssoTutela Michel Emi Maritato in una nota. “Il condannato, dopo aver scontato la propria pena deve essere messo in condizione di poter rientrare a far parte della società a pieno titolo perché un uomo che, prima di entrare in carcere per pagare il proprio debito con la giustizia, ha sempre spacciato droga ed esce dal carcere a 40 anni senza sapere cosa fare per cominciare una vita all’insegna della legalità e senza aver imparato nessun lavoro, ma con le stesse conoscenze che aveva prima di essere arrestato, non riuscirà facilmente a non ricadere nello stesso errore. I carcerati dovrebbero lavorare a progetti utili alla società mentre scontano la loro pena. Durante il periodo di reclusione dovrebbero fare “gavetta” in modo da fare del bene per la comunità e per se stessi”. La questione delle carceri è certamente una questione annosa e ostica in merito alla quale Maritato aggiunge: “Se parliamo di tutela dei cittadini, dobbiamo renderci conto che, anche se chi si trova in carcere ha sbagliato, potrebbe cambiare strada se messo nelle giuste condizioni e potrebbe essere molto utile alla comunità, dopo aver pagato il proprio debito. Ovviamente non parliamo di chi reitera il reato, ma di chi ha sbagliato e vorrebbe rimediare al proprio sbaglio, ma non è in grado di farlo se lasciato solo”.
AssoTutela, pertanto, organizzerà una petizione con 5.000 firme per richiedere un incontro con i carcerati al fine di instaurare un dialogo basato sull’ascolto delle loro esigenze in modo da trovare soluzioni concrete per la riabilitazione dei cittadini italiani carcerati.
“Allo stesso modo – prosegue Maritato – chiediamo che anche i carcerati abbiano la possibilità di votare poiché chi viene eletto fa leggi anche per loro. Riteniamo giusto, quindi, che tutti i cittadini italiani debbano poter esprimere il loro parere in merito all’elezione della classe politica dalla quale vogliono essere rappresentati” e conclude “I carcerati che, invece non hanno cittadinanza italiana devono fare ritorno al loro parere di origine. Le carceri potrebbero essere davvero una scuola di vita e non un luogo in cui rinchiudere tutti coloro risultano scomodi”.