Il Garante della Privacy, con provvedimento n. 164 del 4 aprile 2013, dichiara illecito il trattamento dei dati effettuato a mezzo del sistema di videosorveglianza mediante apparati di ripresa installati in modo “occulto” sul posto di lavoro, all’insaputa dei lavoratori ed in violazione del diritto alla riservatezza e della dignità degli stessi, nonché delle norme che ne vietano il controllo a distanza, con la conseguente inutilizzabilità dei dati trattati in violazione di legge, ai sensi dell’art. 11, comma 2 del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196). Eventuali dati raccolti non possono essere utilizzati dal datore di lavoro ma conservati per consentire un’eventuale attività di accertamento da parte delle autorità competenti. In particolare rileva il Garante che: “il trattamento di dati personali in esame, con particolare riferimento ai trattamenti effettuati mediante le telecamere collocate
nell’immobile della società, non risulta lecito, in quanto effettuato in violazione:
• del principio di liceità (art. 11, comma 1, lett. a), del Codice), essendo il trattamento effettuato in violazione del diritto alla riservatezza e della dignità dei lavoratori (art. 2 del Codice) nonché in violazione degli artt. 114 del Codice e 4, l. n. 300/1970;
• del principio di correttezza, di cui all’art. 11, comma 1, lett. a), del Codice, tenuto conto del carattere occulto dell’attività di videosorveglianza effettuata mediante larga parte delle telecamere installate presso la società;
• dell’art. 13 del Codice, non essendo stata resa ai lavoratori interessati alcuna informativa né individualizzata, né nelle forme semplificate prescritte nel menzionato provvedimento dell’8 aprile 2010 secondo cui ‒ "il supporto con l’informativa deve essere collocato prima del raggio di azione della telecamera, anche nelle sue immediate vicinanze […] e deve avere un formato ed un posizionamento tale da essere chiaramente visibile […]" .
Giuseppe Di Stefano