Non si può parlare di oscuramento, ma è un fatto che le parole pronunciate ieri dal presidente della Repubbica, Napolitano, parole gravi, non di routine, sono state messe un po’ in ombra dalle questioni economiche.
Prima fra tutte la vessata questio dell’Iva e dell’Imu con la presa di posizione severa ma tanto sincera del ministro dell’Economia Saccomanni che ha richiamato tutti al realismo della mancanza di fondi per potere esaudire promesse elettorali di cancellare tasse ed aumenti: in sostanza, in modo piu’ professionale e tecnico ha ripetuto il classico detto romano del ”non c’è trippa per i gatti”.
Dove i gatti, a ben vedere non sono i cittadini, ma le forze politiche che hanno fatto promesse abbastanza impossibili da mantenere (anche al momento della loro pronuncia) e che ora si ripetono – sospettarlo e’ lecito – per riutilizzarle magari per nuove elezioni e relative nuove (improbabili) promesse.
Cio’ ricordato, torniamo al capo dello Stato e alle sue gravi parole che tranne qualche eccezione sui giornali sono finite nelle pagine interne e senza particolari rilievi.
Eppure Napolitano – che parlava alla cerimonia d’apertura della Conferenza dei prefetti – ha lanciato un allarme molto concreto e meditato arrivando perfino a dire che e’ in gioco ”la credibilita’ del nostro Paese, della politica e della democrazia in Italia”. Il Presidente e’ partito dall’indicazione di una ”sfida cruciale”, quella del ”rilancio, su basi rinnovate dello sviluppo nazionale ” legato necessariamente all’Europa e al ”cambiamento istituzionale” sottolineando esplicitamente che questo e’ possibile ”solo se non sara’ sottoposta a scosse e messa in questione la continuita’ del governo”.
Il Presidente ha anche delineato l’origine di queste eventuali scosse: ”Le forze politiche – ha detto – non ricadano in meschini e convulsi calcoli di convenienza” perche’ ”ne va della credibilita’ del nostro paese, della politica e della democrazia in Italia”. In ultimo ha ammonito anche che ”il rinnovamento istituzionale non e’ separabile dal rinnovamento politico, e quest’ultimo non puo’ prescindere da un rinnovamento morale che l’estensione della piaga antica della corruzione nella vita politica e nella vita amministrativa impone categoricamente”.
Al di la’ dei commenti fatti ossequiosamente pervenire alle agenzie, nessuna autocritica e la notizia e’ finita nelle pagine interne dei giornali e alquanto annegata nei vari Tg.
Ricapitolando, per Napolitano c’e’ un pericolo per il governo (e per la democrazia!) che viene da forze politiche contrarie o restie al rinnovamento, sensibili solo ai propri interessi e pronte, pare di capire, anche a colpi di mano.
Per arrivare a dire parole cosi’ gravi e davanti non ad una scolaresca, ma a soggetti istituzionali che sono l’ossatura dello Stato sul territorio, al Presidente deve essere arrivato qualcosa di preciso all’orecchio, informazioni appunto su una minaccia nascente ma concreta alla possibilita’ ancora una volta di voltare pagine nella nostra storia politica e istituzionale.
Ma chi sono i responsabili? La risposta la si intuisce in quel grumo di interessi stratificati nel tempo che purtroppo fanno da base al potere nel nostro Paese con intrecci e legami consortili tra politica, economia, finanza, pubblica amministrazione. Legami che il Presidente chiama ”corruzione” e che sono costati la vita politica a chi ha cercato di opporsi e di tagliarli. Interessante sarebbe verificare quanti governi, al di la’ degli aspetti particolari e contingenti, sono caduti proprio per questo motivo. Altrettanto interessante sarebbe’ anche verificare quanti governi sono poi nati su ”mandato” e difesa di quei legami.
E tutto questo avviene in un un quadro dove allegramente ci si divide e si litiga – anche preventivamente – sulla necessita’ di fare o meno le riforme istituzionali, anche se siano troppo in fretta o se una commissione di Saggi, quindi di consulenza istituzionale, non rappresenti una minaccia per il Parlamento(!), una lunga mano del Governo sul Parlamento.
C’e’ chi gia’ annuncia di mettersi di traverso perche’ in realta’ si vuole uscire dalla repubblica parlamentare e andare verso il presidenzialismo. C’e’ anche chi pensa di trasformare definitivamente un partito in una azienda chiamando i capitani d’industria a scendere in campo per una presa del potere. C’e’ chi grida al quasi golpe e chi invece lo auspica.
Ecco, su tutto questo ”folclore” si possono innestare le spinte e gli scossoni ”seri” paventati dal Presidente. E tutto mentre il paese vero, gli italiani cominciano a non poterne piu’. Sara’ pure (tanto) folclore, ma ci stiamo pericolosamente avvicinando ad una situazione magistralmente descritta dal genio artistico di Fellini in ”Prova d’orchestra” dove i rissosi, disordinati e pasticcioni orchestrali furono richiamati da un evento dirompente che impose un direttore che mise ordine.Il suo. Forse le parole di ieri di Napolitano meritano un po’ di attenzione e riflessione in piu’.