Silvio Berlusconi sostiene il governo nonostante Pier Luigi Bersani. Così potrebbero leggersi questi ultimi due giorni, con le cronache politiche attraversate dalla spiazzante intervista al Corriere della Sera dell’ex segretario del Pd, che ipotizza la continuazione della legislatura anche nel caso di abbandono dall’esecutivo del Pdl – con un Pd alleato con Sel e transfughi M5S – e dalla replica del Cavaliere, che di fatto blinda il governo delle larghe intese. Bersani si è rivolto chiaramente a Berlusconi invitandolo a ”non pensare di avere in mano le chiavi del futuro. Ci pensi bene. Stavolta staccare la spina al governo non comporta automaticamente andare a votare”. Insomma, ha lasciato intendere l’ex segretario, ”il governo di cambiamento e’ ancora una prospettiva possibile”. Ma l’ex premier, di fronte all’ipotesi di una nuova maggioranza in caso di caduta del governo Letta, risponde ribadendo il suo sostegno all’esecutivo, a maggior ragione il giorno dopo l’approvazione del ”decreto del fare’. Un provvedimento definito un ”fatto epocale” perche’ registra una ”collaborazione tra destra e sinistra dopo decenni di contrasti”. Una collaborazione – continua Berlusconi smontando di fatto le ipotesi bersaniane e forse cercando di esorcizzare il pronunciamento della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento non concessogli nel processo Mediaset, atteso per dopodomani – che ”potra’ e dovra’ durare”. Il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri con i suoi contenuti e’ definito ”un grande successo” ma questo non significa, chiarisce l’ex premier, che il Pdl non continuera’ a chiedere con forza l’abrogazione dell’Imu e il blocco dell’aumento dell’Iva. ”Le risorse per evitare l’aumento dell’Iva si devono trovare”, e’ la posizione di Berlusconi che sostiene come ”’non sia possibile che su 800 mld di costo della macchina dello Stato non si possano trovare otto miliardi, quattro per l’Imu e quattro per l’Iva. Una commissione istituita dal precedente governo aveva individuato una decina di miliardi di tagli nei sussidi alle imprese”. In ogni caso Berlusconi si dice ”molto soddisfatto. Ho fatto i complimenti ai nostri ministri che si sono battuti per introdurre nel dl le misure che avevamo sostenuto in campagna elettorale”. Infine, gli interventi su Equitalia rappresentano ”’un buon inizio. Si dovra’ continuare su questa strada”. La posizione di Bersani mette, se mai ce ne fosse bisogno, in ulteriore fibrillazione il Pd. In sostanza, con la sua intervista l’ex segretario – sconfitto, o quanto meno non vincente, alle ultime elezioni politiche e perdente poi nella corsa a Palazzo Chigi, passando per il flop dell’elezione del Presidente della Repubblica – si ripropone singolarmente come punto di riferimento nell’orizzonte Democratico. Una scelta dettata evidentemente da logiche (pre)congressuali ma che rischia di mettere in difficolta’ Enrico Letta e il suo governo, impegnato proprio in un gioco di equilibrismo con il nemico di ieri (ma alleato di oggi) Silvio Berlusconi. Una iniziativa, quella di Bersani, che nel momento in cui rilancia le intese con Sel (naufragate dopo le elezioni) e con i grillini (tentativo abortito nelle consultazioni per la formazione del governo) rischia di essere difficilmente compresa dalla base del Pd. E di creare ulteriori tensioni con l’ala renziana. Le parole di Bersani arrivano infatti alla vigilia della riunione, prevista per oggi, che dovra’ definire le regole congressuali. Cosa alla quale il sindaco di Firenze guarda con grande attenzione. L’iniziativa di Bersani viene da molti giudicata come il segno di un ritorno in campo con l’obiettivo di spostare a sinistra il partito. Per il segretario della Lega Nord Roberto Maroni il decreto del fare e’ ”tanto fumo e poco arrosto. A parte il non pignoramento della prima casa che e’ piu’ di bandiera, c’e’ solo una cosa positiva, le risorse per le infrastrutture anche in Lombardia. Una lacuna molto grave e’ invece il mancato sblocco di 37 milioni di euro per le zone terremotate”. Questo per Maroni indica una chiara strategia politica da parte del Pd: dal momento che ”Epifani ha detto che se il Governo cade non si torna alle elezioni, vuol dire – osserva – che ha in mente un governo diverso, con dentro i grillini”. Ed e’ proprio Epifani che interviene per evitare che nel Pd prenda decisamente piede una discussione sulla sua collocazione e soprattutto per smentire che il partito stia lavorando per una maggioranza di governo diversa da quella attuale. Il segretario giudica positivamente le misure contenute nel ”decreto del fare’, ”vanno nella direzione giusta – dice – e meritano apprezzamento. Pur in un contesto di ristrettezze finanziare il governo e’ riuscito a varare misure di semplificazione e di sostegno all’economia”. Insomma un appoggio senza remore all’operato del governo sostenuto (e composto) anche dal Pdl. Il decreto, aggiunge, e’ ”un passo in avanti, in attesa che il vertice europeo della prossima settimana vari un programma per il lavoro, in particolare per quello giovanile”. Lo stesso Bersani, sabato in serata, ha tentato di correggere l’interpretazione data alla sua intervista. ”Noi non staccheremo mai la spina a questo governo, e’ chiaro” e ”un ribaltone non e’ possibile. Dico solo – sottolinea – che lanciamo un segnale di consapevolezza a chi avesse altre idee. Quando dico che se cadesse questo governo non e’ automatico andare a votare intendo fare una constatazione: non staccheremo mai la spina a questo governo. Si stia attenti a non tirare troppo la giacca”. Precisazioni che non hanno comunque fatto scendere il livello di agitazione provocato dalle parole dette al Corriere della Sera. Al di la’ delle interpretazioni date alle affermazioni dell’ex segretario Pd questa settimana sara’ probabilmente decisiva per il futuro del gruppo parlamentare di M5S. Oggi infatti, si riuniscono deputati e senatori grillini per decidere sull’espulsione della senatrice Adele Gambero, che nei giorni scorsi ha accusato Beppe Grillo di essere il principale responsabile della sconfitta dei 5 Stelle alle amministrative. Una decisione sulla quale potrebbe spaccarsi il Movimento, generando addirittura un gruppo autonomo alla Camera. I dissidenti grillini, sempre piu’ insofferenti verso i diktat di Grillo ma ancora non capaci o non pronti a lasciare il Movimento, potrebbero trovare nell’esclusione della Gambaro (voluta dai ‘duri’) l’occasione per prendere altre strade. Ed il timore che questo possa accadere e’ reale, se nei giorni scorsi – quasi a mettere le mani avanti – il capogruppo alla Camera Roberto Fico ha parlato di ”compravendita morale e politica” in atto da parte di altri partiti verso esponenti di M5S.