Lo scorso 13 giugno la RAI-TV ha ospitato negli studi della rubrica 2NEXT il Direttore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE il quale ha tenuto una lunga chiacchierata su Fisco ed Equitalia. Novità? Nessuna. Il clamore mediatico è una moda che resiste al tempo perché serve a molti politici adusi a imbonire l’uditorio, ma non è certamente utile al Fisco che deve occuparsi di altro e però non lo fa, o lo fa male, per una serie di cause annose ed endogene al sistema, e diciamo pure perché di politiche fiscali serie e incisive non se ne vedono, mentre si vede e si sente la mano politica troppo interessata a manovrare la leva fiscale. Allora parlare di accertamenti, con o senza redditometro, parlare di cartelle esattoriali, più o meno pazze, o di ganasce fiscali e di ogni altro strumento coattivo della riscossione, è solo il pretesto per non parlare delle vere cause che inceppano la macchina fiscale. E’ poi addirittura ridicolo strombazzare che la causa di tutti i mali è Equitalia. Peccato che si dimentichi che il feroce mostro, guarda caso, sia stato creato da un accordo politico a ”larghe intese”. E’ ab ovo che soltanto i contribuenti morosi finiscono nelle grinfie dell’esattore, comunque esso si chiami, come giustamente dice il dr. Befera, il quale però non si sbilancia su altri fatti e circostanze, ma il suo è un silenzio assordante. Diciamo allora che ”vittime” di Equitalia sono quei contribuenti che il Fisco conosce, distinti però in quelli che non pagano per mancanza di liquidità finanziaria, ma ce ne sono di altri che non sanano i loro debiti, fiduciosi di poter beneficiare di provvedimenti di clemenza di cui è ricca la legislazione tributaria. Per esempio in materia di infrazioni al codice della strada si grida allo scandalo che una multa di qualche decina di euro cresce fino a centinaia di euro, ma non si avanza neppure l’ipotesi di varare una norma che preveda la riscossione delle multe al momento della contestazione, come avviene negli altri Paesi. I cosi detti blitz negli esercizi commerciali sono di enorme effetto mediatico, ma non valgono a educare il contribuente, come pensa il dr. Befera, e non funzionano neppure come deterrente perché tali controlli sono sporadici e in quanto tali non possono essere indicatori di capacità contributiva. Le stesse verifiche aziendali sono saltuarie, tanto che tra una visita fiscale e la successiva di norma intercorrono svariati lustri. Non ha senso allora definire truce e oppressivo il Fisco che è invece soltanto anomalo nella distribuzione del carico tributario, a dispetto pure del dettato costituzionale. L’origine di tale macroscopico sconcio è soltanto la micidiale accoppiata della massiccia evasione fiscale e della dilagante corruzione, l’una speculare dell’altra. Ma parlarne in stile tribunizio è soltanto uno sterile esercizio dialettico. Serve che il legislatore fiscale faccia il suo mestiere avendo per obiettivo solo l’interesse dell’Erario e della collettività e serve pure che la P.A. non aspetti che sia sempre la magistratura a smascherare i corrotti. Non è una facoltà, è un suo obbligo di istituto! Contrastare l’evasione fiscale, o almeno ridurne la colossale portata, è possibile, basta volerlo. Servono però strumenti incisivi e quindi risorse umane di elevato profilo professionale. Permanendo però le attuali condizioni, il pur conclamato obiettivo resterà un miraggio. Non si provvede a implementare gli Organici, anzi si riducono, e di conseguenza si stabiliscono sistemi di accertamento destinati inevitabilmente a ingigantire il contenzioso, già sospinto da esasperata litigiosità. La pensano così gli analisti, lo avvertono la Cassazione e la Magistratura Contabile che giudicano il redditometro uno strumento inadeguato alla bisogna. E qui si impone una riflessione. In punta di diritto la misurazione della capacità contributiva, e quindi l’accertamento reddituale, fatti soltanto in base ad elementi aliunde raccolti, ovvero non desunti dalle scritture contabili, secondo la Cassazione significa che l’accertamento è costruito soltanto sulla base di presunzioni semplici, ed è negativo anche il giudizio della Corte dei Conti che paventa possibili ripercussioni dannose per l’economia. Non è questa una novità se si ha riguardo al travagliato contenzioso prodotto dagli accertamenti costruiti col metodo induttivo e naufragati perché giudicati privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. A tanto si aggiunge che la Cassazione pone l’onere della prova a carico del Fisco. Tante sono le criticità, ma i vertici dell’A.F. credono nel buon esito del redditometro e si affidano ai media per illustrarne termini e modalità. L’eccesso di fiducia non sempre paga, anzi assai spesso riserva brucianti sorprese. E’ incomprensibile però il perdurante silenzio del Ministro delle Finanze su una questione cruciale che lo riguarda in prima persona perché è lui il responsabile delle politiche fiscali. Non si può continuare a dire che la lotta all’evasione fiscale è una priorità e poi la si affronta in modo improbabile e approssimativo. L’evasione fiscale è una malattia grave, ma non incurabile. Servono però le cosi dette terapie d’urto.
Pietro Paolo Boiano