Governo con le ore contate. E’ questa la sensazione che si respira nel mondo politico dopo la sentenza del Tribunale di Milano che ha condannato Silvio Berlusconi, nell’ambito del processo Ruby, a sette anni per concussione per costrizione e prostituzione minorile, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici con l’aggiunta di sei anni di interdizione legale. Come dire, Berlusconi e’ finito. Certo, il Cavaliere vendera’ cara la pelle – e gia’ si intuiscono i segnali di questo – ma e’ fuori discussione che sia iniziata, questa volta davvero, la fase conclusiva della vita politica di Berlusconi. ”E’ una sentenza incredibile, di una violenza mai vista ne’ sentita prima, per cercare di eliminarmi dalla vita politica di questo paese – reagisce Berlusconi – e’ un’offesa a tutti quegli italiani che hanno creduto in me e hanno avuto fiducia nel mio impegno per il paese”. Ma gli italiani che credono in lui, risultati elettorali alla mano, sono sempre meno anche se restano milioni. La disaffezione verso la politica che sta trasversalmente attraversando il Paese, il populismo del Movimento 5 Stelle, che di fatto ha scavalcato (a destra? a sinistra?) il Pdl, i processi che stanno via via arrivando a sentenza, il messaggio berlusconiano diventato forse logoro e comunque non piu’ cosi’ accattivante come vent’anni fa. Ecco, l’insieme di tutto cio’ rappresenta plasticamente la situazione in cui si trova Silvio Berlusconi, per il quale ormai – di fronte per esempio allo spettro dell’interdizione dai pubblici uffici che potrebbe diventare condanna definitiva in autunno, con la pronuncia della Cassazione sul processo Mediaset – i colpi di scena, i predellini, i messaggi televisivi non sono piu’ sufficienti per risorgere da un passaggio a vuoto, da un’alleanza sbagliata, da una sconfitta elettorale. Detto questo non sono da escludere violenti colpi di coda da parte del Cavaliere. Colpi che potrebbero incidere sui delicati equilibri politici attuali. La tanto pubblicizzata pacificazione, soprattutto da parte del Pdl, e’ andata a sbattere – ma era prevedibile – contro le sentenze. E se gia’ la scorsa settimana da parte del partito berlusconiano si era registrato un irrigidimento nei rapporti di governo dopo la sentenza della Consulta che respingeva la richiesta di legittimo impedimento, oggi i toni si fanno ancora piu’ duri e ultimativi. Quasi alla ricerca del casus belli, dell’occasione per rovesciare il tavolo e tentare di andare a nuove elezioni (ma bisogna fare i conti con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano), magari in autunno, vincerle e riproporre Berlusconi premier. L’ultima possibilita’, forse, per rinviare in avanti nel tempo la pronuncia della Cassazione. Ecco allora il rilievo che potrebbe assumere l’incontro previsto per questa sera – anche se si parla di un rinvio – tra il presidente del Consiglio Enrico Letta (alla guida di un governo di necessita’ ma che e’ sempre piu’ fragile) e Berlusconi. Un incontro che rientra nel giro di colloqui esecutivo-maggioranza avviati dal premier ma che, se svolto, inevitabilmente assumerebbe un colore diverso dopo la sentenza di ieri. Senza dubbio Berlusconi, incontro ufficiale o meno, porra’ al premier una serie di richieste con il solo scopo di mettere in difficolta’ l’esecutivo ed avere, di fronte all’impossibilita’ che queste vengano accolte, la scusa (anche davanti si suoi elettori) per rompere l’alleanza e far cadere il governo. La cancellazione dell’Imu e lo stop all’aumento dell’Iva continuano ad essere i cavalli di battaglia del Pdl. E lo sono diventati ancora di piu’ in questi giorni di calvario giudiziario per Berlusconi. L’ex premier senz’altro ribadira’ a Letta che non sono ammesse deroghe, gli interventi sono stati concordati e vanno fatti. Ma e’ prevedibile che il Cavaliere non si limiti a questo. Ieri Berlusconi, commentando la sentenza di Milano, ribadiva come fosse ”’veramente convinto” che lo avrebbero assolto perche’ ”’nei fatti non c’era davvero nessuna possibilita’ di condannarmi. E invece e’ stata emessa una sentenza incredibile, di una violenza mai vista ne’ sentita prima, per cercare di eliminarmi dalla vita politica di questo Paese”. Per l’ex premier questa ”’non e’ soltanto una pagina di malagiustizia, e’ un’offesa a tutti quegli italiani che hanno creduto in me e hanno avuto fiducia nel mio impegno per il Paese. Ma io, ancora una volta, intendo resistere a questa persecuzione perche’ sono assolutamente innocente e non voglio in nessun modo abbandonare la mia battaglia per fare dell’Italia un paese davvero libero e giusto”. Berlusconi intende resistere e per farlo deve evidentemente avere mano libera, senza essere ingabbiato nel governo con il Pd. Dopodomani si svolgera’ a Bruxelles il consueto Consiglio europeo d’estate. Un appuntamento delicato, dove l’Italia – nei confronti della quale la procedura per deficit eccessivo non e’ ancora formalmente chiusa – si presentera’ con tutte le sue difficolta’ nel reperire risorse per gli interventi su Imu e Iva, nonche’ per l’annunciato piano per il rilancio dell’occupazione. Da settimane Berlusconi va ripetendo che l’Italia in Europa deve sbattere i pugni sul tavolo e non preoccuparsi dei vincoli di bilancio. Tanto se sforiamo il 3% del rapporto deficit/pil ”’non ci cacciano certo”. Un modo, questo dello sforamento, per trovare quelle risorse necessarie agli interventi annunciati, dice l’ex premier. Sapendo pero’ che non e’ questa la posizione di Letta, che ha piu’ volte rassicurato Bruxelles sul rispetto da parte dell’Italia dei vincoli di bilancio. Alla luce della sentenza di ieri – e delle determinazioni annunciate successivamente da Berlusconi – il vertice europeo rappresenta quindi un passaggio cruciale per la vita del governo guidato da Enrico Letta. Senza dimenticare il Consiglio dei Ministri di domani che dovrebbe affrontare soprattutto il caso dell’Iva. Insomma, se le decisioni del Cdm non dovessero andare nella direzione auspicata dal Cavaliere e se in particolare Letta dovesse tornare da Bruxelles senza intese per superare i paletti di bilancio posti dall’Unione europea la fine del governo (che intanto ha dovuto subire le dimissioni da ministro di Josefa Idem) sarebbe segnata. Con gli italiani ancora una volta senza quelle riforme tanto attese e soprattutto senza un quadro politico chiaro e affidabile. E con il populismo del Movimento 5 Stelle alle porte.