Tagliare la spesa pubblica di 15 miliardi di euro per abbattere le tasse. Con un progetto a due vie: eliminare subito 10 miliardi di stanziamenti alle imprese a fondo perduto e ridurre i costi della pubblica amministrazione di 5 miliardi grazie a micro interventi col "cacciavite" volti a ridurre gli sprechi. Grazie alle risorse risparmiate, si potrebbe far calare già nel 2013 la pressione fiscale dell’1%, privilegiando misure per diminuire il costo del lavoro. Queste le richieste di Unimpresa che nei prossimi giorni illustrerà al Governo, alla ricerca di alternative agli acconti fiscali per garantire la copertura al rinvio dell’aumento Iva al 22%, una articolata proposta per intervenire sul cosiddetto cuneo fiscale. Il piano di Unimpresa prevede dunque due azioni parallele sul bilancio pubblico italiano che nel 2012 ha registrato uscite complessive pari a 805 miliardi. Nel primo caso si tratta di agire sulla massa di denaro che la Pa eroga alle imprese, circa 36 miliardi l’anno. Di questi vanno ritenuti intoccabili i 12 miliardi stanziati per la viabilità, le ferrovie e il trasporto pubblico locale. Mentre possono essere risparmiati senza indugi 10 miliardi attingendo in parte ai 7 miliardi gestiti dallo Stato centrale e in parte ai 17 miliardi di competenza delle regioni. Denaro che viene "girato" alle aziende sotto forma di sussidi ala produzione e agli investimenti, ma che non porta ai risultati sperati sul versante della crescita. La ricognizione degli sprechi in questo comparto del bilancio statale, peraltro, era stata svolta nel 2012 dagli esperti incaricati dal precedente Governo. L’Esecutivo attualmente in carica, quindi, dovrebbe solo riprendere in mano quel dossier già pronto per l’uso. La seconda direttrice su cui agire riguarda le spese correnti della pubblica amministrazione, cioè gli acquisti e le forniture di beni e servizi. Una "voce" delle uscite che nel 2012 ammontava a 140 miliardi, cresciuta del 50% in cinque anni. In questo ambito, tra le pieghe del bilancio, si nascondono le sacche maggiori di sprechi. Con un mini taglio pari ad appena il 3,5% del totale si potrebbero "racimolare" subito 5 miliardi spalmando i "sacrifici" sull’intera Pa, magari imponendo a tutti i livelli delle amministrazioni statali e pubbliche una revisione dei budget 2013: o eliminando l’acquisto di alcuni beni e servizi superflui o rivedendo coi fornitori i termini economici di altri contratti.
"E’ chiaro – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – che qualsiasi intervento sulla spesa pubblica corre il rischio di creare malumori. Tant’è vero che il Governo di Enrico Letta ha affidato al Parlamento il compito gravoso di trovare coperture diverse dagli acconti fiscali per assicurare lo stop all’Iva. La verità è che nessuno si vuole sporcare le mani con questo lavoraccio. Di fronte alla spending review si troverà sempre qualcuno pronto a protestare o a sollevare polemiche. Tuttavia, la nostra proposta si basa da una parte sulla eliminazione dei fondi alle imprese che non danno risultati positivi per la crescita economica, dall’altra su micro azioni sulle spese correnti dello Stato che sono piene di sprechi". Secondo Longobardi "i soldi dei contribuenti non possono essere ancora gestiti con la disinvoltura che c’è stata finora. Serve una svolta e soprattutto il coraggio di sforbiciare sensibilmente il peso delle tasse sulle imprese e sulle famiglie".