E’ corsa contro il tempo ormai. Il governo guidato da Enrico Letta, uscito relativamente rafforzato dal vertice di maggioranza di ieri, deve spingere perchè il Parlamento converta in legge prima della pausa estiva sette decreti, pena la loro decadenza dopo sessanta giorni. Provvedimenti che avendo la forma di decreto hanno tutti evidentemente le caratteristiche di necessità e urgenza, come prevede l’articolo 77 della Costituzione. Ma ce ne sono alcuni che sono forse più urgenti di altri, come per esempio quelli sull’Imu o sull’Iva che prevedendo nella peggiore delle ipotesi il rinvio del pagamento di imposte, toccano maggiormente la sensibilità degli italiani. I decreti sono: disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena (approvato il primo luglio 2013); primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonchè in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti (28 giugno); misure urgenti per i pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale (24 giugno); disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia (21 giugno); nuove disposizioni urgenti a tutela dell’ambiente, della salute e del lavoro nell’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale (4 giugno); disposizioni urgenti per il recepimento della direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea, nonche’ altre disposizioni in materia di coesione sociale (4 giugno); interventi urgenti in tema di sospensione dell’imposta municipale propria, di rifinanziamento di ammortizzatori sociali in deroga, di proroga in materia di lavoro a tempo determinato presso le pubbliche amministrazioni e di eliminazione degli stipendi dei parlamentari membri del Governo (21 maggio). Considerando che gli effetti di quanto stabilito all’interno di un decreto si producono dal momento della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che di solito avviene lo stesso giorno dell’approvazione o quello immediatamente successivo, e’ facile capire il perche’ della fretta espressa a più riprese un po’ da tutti, dal premier ai ministri ai rappresentanti della maggioranza. La decadenza dei decreti va da quella ormai prossima del rinvio dell’Imu (Fondo Monetario Internazionale permettendo), approvato lo scorso 21 maggio a quella piu’ lontana del provvedimento sulle carceri, approvato lo scorso primo luglio. In ogni caso, dal 21-22 luglio all’1-2 settembre se non convertiti in legge dal Parlamento via via decadranno tutti, con prevedibili conseguenze pratiche (stop agli arresti domiciliari e problema carceri che torna di ben piu’ drammatica attualità o sblocco dell’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, con l’avvio di una pericolosa spirale di aumento di prezzi e tariffe) ed altrettanto prevedibili scossoni politici per una maggioranza che, per dirla alla napoletana, si regge sul precario ”tienimi che ti tengo’. Ecco allora il pressing sulle Camere, a partire da quello del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, che dopo la riunione della maggioranza ieri a Palazzo Chigi sosteneva che ”c’e’ innanzitutto la necessita’ di sciogliere il nodo definitivo sull’Imu e lavorare alle diverse coperture sulla proroga” dello stop all’aumento dell’Iva. L’incontro e’ stato molto utile, sottolineava Francschini, ed ”e’ chiaro che una maggioranza cosi’ anomala ha bisogno di costruire molta collegialita’ e abbiamo concordato su una serie di passaggi che ci aspettano nelle prossime settimane che saranno molto intense: in Parlamento devono essere convertiti prima della pausa estiva sette decreti legge, alcuni come il Dl fare e quello sul lavoro molto corposi. Nel contempo devono assolutamente arrivare ad approvazione prima della pausa estiva la legge europea che comporta l’uscita dell’Italia da diverse infrazioni, il rendiconto di bilancio, il ddl costituzionale”. Certo, non si nasconde Franceschini, e’ ”un percorso che richiede molta condivisione e collegialita’, nella maggioranza e tra le due Camere”. Comunque al vertice, ha riferito ancora il ministro dei Rapporti con il Parlamento, ”abbiamo ragionato di come preparare, con incontri come questo, le scadenze del futuro, sciogliere il nodo definitivo dell’Imu e lavorare su diverse coperture per la proroga dello stop all’aumento dell’Iva, che verranno portate poi in Parlamento”. Collegialita’ che comunque non bisogna mai dare per scontata. Il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta avverte che ”gia’ la prossima settimana la cabina di regia (da lui fortemente voluta – ndr) si occupera’ di come gestire in Parlamento il ‘decreto fare’ e quello sul lavoro e la copertura sull’Iva che va assolutamente e totalmente cambiata”. Se quello della ‘cabina di regia’ viene considerato un passaggio fondamentale per il varo definitivo di alcuni provvedimenti e, piu’ in generale, il luogo dove pianificare, concertare, definire collegialmente e senza frizioni l’impegno del governo su determinate questioni non c’e’ pero’ da stare tranquilli. La ‘cabina’ e’ uno strumento piu’ volte riproposto nel recente passato per tentare di porre in sostanza un limite alla litigiosita’che si sviluppava, quale che fosse il colore della coalizione di governo, all’indirizzo del ministro dell’Economia, ‘colpevole’ di operare tagli alla spesa, di mettere nuove tasse, di cercare di far quadrare i conti pubblici. Uno strumento che non solo ha avuto spesso vita breve, o comunque relegata ad una funzione marginale, ma che ha esaltato proprio quello che in origine si proponeva di eliminare: le diffidenze, gli scontri fra ministri. Basti riportare alla mente cosa produssero le ‘cabine di regia’ messe in piedi dai governi di Silvio Berlusconi: Gianfranco Fini e Giulio Tremonti ancora lo ricordano.