Lo Ior poteva essere facilmente utilizzato per riciclare denaro sporco. E’ questa la conclusione alla quale sono giunti dopo trenta mesi di indagine la Procura e il Nucleo valutario della Guardia di Finanza. I magistrati, nel provvedimento trasmesso al giudice anticipato da Corriere della Sera e Repubblica, parlano di ”elevato rischio che il modo di procedere dello Ior – che ha preteso di agire senza specificazione dei suoi clienti effettivi – possa essere stato utilizzato come schermo da parte dei suoi correntisti per mascherare operazioni illecite”. Un rischio – insistono i pm – che può diventare ”regola”, ”grazie al concorso di tre circostanze: l’azione di correntisti Ior compiacenti o strumentalizzati che si prestano a far utilizzare il loro conto per operazioni di riciclaggio; le carenze di adeguate verifiche della clientela all’interno dello Ior; il mancato o carente rispetto degli obblighi di verifica rafforzata da parte degli enti creditizi italiani che intrattengono rapporti con lo Ior”. Gli inquirenti, che hanno chiesto di archiviare la posizione dell’ex presidente dell’Istituto, Ettore Gotti Tedeschi, hanno indagato su un trasferimento di 23 milioni di euro fatto dallo Ior al Credito Artigiano nel settembre del 2010: venti milioni furono versati alla Banca del Fucino e gli altri tre alla Jp Morgano di Francoforte. Il trasferimento e’ stato firmato dall’allora direttore generale dello Ior, Paolo Cipriani e dal suo vice Massimo Tulli, che hanno rassegnato le loro dimissioni in settimana e sui quali si sono concentrate le accuse dei magistrati. Sottolineando che ”lo Ior puo’ facilmente diventare un canale per il riciclaggio di denaro provento di reato”, gli inquirenti hanno anche smentito le affermazioni dello Ior, secondo le quali i correntisti dell’istituto sarebbero solo preti e congregazioni religiose. In realta’, si legge ancora nel documento, ci sono anche ”soggetti privati che, in virtu’ di un particolare rapporto con la Santa Sede, hanno ottenuto di poter effettuare depositi e aprire conti presso di esso”. Secondo La Repubblica, Cipriani e Tulli sarebbero accusati anche di un’altra decina di piccole transazioni alla JP Morgan con altrettanti capi di imputazione. Ciascuna, infatti, riproporrebbe il medesimo schema: su un conto di ”corrispondenza”, il correntista Ior di turno (normalmente uno sconosciuto prelato, un suo parente, ovvero un ente o lo stesso Istituto) dispone bonifici per somme di cui non si conoscono ne’ la provenienza ne’ i reali beneficiari.