Letta stretto tra Imu e riforme…

Imu e riforme. Continuano a essere questi i capitoli più delicati nell’agenda del governo Letta. Capitoli di enorme valenza politica, oltre che di assoluta importanza per i cittadini (si parla del taglio di una tassa e delle nuove regole attraverso le quali debbono funzionare le nostre istituzioni), sui quali la maggioranza continua a confrontarsi al proprio interno a volte in maniera molto accesa. Parlare di confronto in effetti e’ riduttivo perche’ e’ di tutta evidenza come – in maniera plateale sull’imposta sugli immobili e piu’ sottotraccia, ma non per questo meno ruvido, sulle riforme istituzionali – sia in atto uno scontro vero e proprio tra i due partiti ‘forti’ della coalizione, Pd e Pdl. Una contrapposizione che prende quotidianamente nuova linfa anche dalle divisioni che attraversano in maniera sempre più netta i due partiti. I berlusconiani sono impegnati nel passaggio dal Pdl a nuovamente a Forza Italia, e si scontrano sul ruolo, sulla collocazione (moderata o meno) che dovrà avere la nuova formazione. Senza dimenticare le frizioni sulle riforme istituzionali. Il Pd, invece, e’ impegnato nel suo percorso di avvicinamento al congresso e nella non facile definizione delle regole per le primarie e capire se il segretario debba essere anche il candidato premier o meno. Tutto questo accompagnato dallo scontro sotterraneo (ma non poi tanto) dei big del partito con il sindaco di Firenze, Matteo Renzi. Ecco allora, di fronte ad un quadro del genere – con un Enrico Letta che si mostra fiducioso comunque sulla prosecuzione dell’esecutivo – il possibile svolgimento domani di un vertice di maggioranza. Il secondo in sette giorni (dopo quello sollecitato da Mario Monti) che lascia intendere come la navigazione del governo non sia affatto tranquilla. Letta sa bene che per la stabilita’ dell’esecutivo, e il conseguente buon governo del Paese, sull’Imu non e’ piu’ possibile prendere tempo. La scadenza del decreto di sospensione dell’imposta si avvicina ed e’ quindi necessario capire dove si troveranno le risorse per ”superare” – parole del premier – il sistema di tassazione degli immobili. Termine che non piace al Pdl, che pretende la cancellazione tout court della tassa pena, lascia intendere, la caduta del governo. Ecco allora l’attacco diretto dei ‘falchi’ pidiellini al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, colpevole di studiare le piu’ varie soluzioni per il superamento appunto della tassa ma non di prendere in considerazione la sua abolizione. Un attacco, quello rivolto al ministro, che per molti osservatori altro non e’ che la continuazione di quel pressing su Enrico Letta che una parte del Pdl (Berlusconi in testa ovviamente) ha in atto sin dalla nascita del governo. Con l’obiettivo, mai nascosto, di far cadere l’esecutivo o comunque di far ricadere le colpe di un eventuale fallimento dell’operazione sulle spalle degli alleati-avversari. Ma le risorse per l’intervento sull’Imu (e sull’Iva, con il blocco dell’aumento dal 21 al 22%) non sembrano cosi’ facili da trovare. E’ di ieri l’intervento del presidente della Bce, Mario Draghi, che parla chiaramente di crisi non ancora superata, di recessione ancora in atto. In ogni caso, che la questione si affronti o meno all’eventuale vertice di domani – o, come per altro gia’ annunciato, nella riunione della ‘cabina di regia’ prevista per il 18 luglio – cio’ non toglie che il tema rimanga di stretta attualita’. Tanto da registrare l’apertura del ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, che parla di ”riduzione” dell’Imu sulla prima casa e ”sugli immobili strumentali delle aziende”. I capannoni industriali, i negozi insomma, sui quali gli imprenditori avevano chiesto interventi. Un colpo al cerchio e un colpo alla botte, sembra fare Zanonato confermando pero’ con questo rilancio le difficolta’ a prendere in considerazione la richiesta di abolizione sollecitata dal Pdl. Di uguale peso sui destini dell’esecutivo e della maggioranza e’, anche se meno urlato, il capitolo delle riforme istituzionali, che ieri ha registrato una spaccatura (ed ”e’ scontato” che non si possa sanare, dice il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello) all’interno della commissione dei saggi tra parlamentaristi e semipresidenzialisti. Si parla certo di forma di governo ma non si puo’ nascondere che questo si leghi ad un’altra mina sulla strada del governo, quella della legge elettorale. Il nodo resta sulla modifica del sistema di voto e sul quale manca ancora un accordo politico. Un accordo, dice chiaramente il ministro, dal quale il governo si tira fuori e che invece deve essere trovate tra i gruppi parlamentari e le forze politiche. ”’Se c’e’ la disponibilita’ delle forze politiche a trovare un accordo – rileva Quagliariello – il governo cerchera’ di agevolarlo. In caso non si trovi, il governo puo’ solo cercare di anticipare l’accordo sulla forma di governo in modo che il Parlamento possa lavorare al piu’ presto sulla legge elettorale a regime”. Il ministro assicura che sono in corso tra i partiti contatti informali, lontani dalle tv e dai giornali, per la ricerca di una intesa. Sembra esserci insomma da parte del ministro una sollecitazione alla forze politiche a trovare un punto di accordo, ribadendo che forma di governo e legge elettorale debbono procedere di pari passo. Ma cosi’ non e’ e il tema della nuova legge elettorale e’ di fatto rinviato al termine della discussione piu’ generale sulle riforme. Una strada scivolosa, questa, perche’ sul Porcellum pende un giudizio della Corte costituzionale che renderebbe inevitabile ma soprattutto urgente un intervento di riforma. Ecco allora che fa sentire le sue parole, una volta di piu’, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ieri a Milano, a chi gli domandava se avesse fiducia nel fatto finalmente il processo riformatore potesse giungere in porto, il Capo dello Stato rispondeva: ”C’e’ un preciso programma definito dal governo su tempi e temi”, aggiungendo che ”so che c’e’ un problema di rapporto tra riforme istituzionali e riforma elettorale”. Un nodo che ”verra’ sciolto via via”. Un Napolitano dunque consapevole del problema e soprattutto conscio dell’immobilismo dei partiti. Nei confronti dei quali, lascia intendere, non verra’ mai meno il suo pungolo, il suo stimolo nell’interesse del Paese e degli italiani.