Confronto ”duro” tra posizioni inconciliabili. Le indiscrezioni sul colloquio tra Enrico Letta e Angelino Alfano di ieri sera durato oltre due ore parlano di muro contro muro tra premier e vicepremier. Alfano ha posto con forza il problema dell’agibilità politica di Silvio Berlusconi, come era stato deciso nel vertice del Pdl ad Arcore di martedi’ sera: se il Pd dovesse votare per la decadenza dell’ex premier dal ruolo di senatore, la crisi di governo sarebbe inevitabile. Il segretario del Pdl, che è anche vicepremier e ministro dell’Interno, ha puntato i piedi: è impossibile restare in una coalizione quando un altro partito della stessa maggioranza annuncia di avere intenzione di far decadere il leader del partito alleato senza alcun approfondimento di merito e senza tenere conto del parere di molti giuristi che dubitano sulla retroattività della legge Severino, quella che renderebbe non candidabile Berlusconi a causa della condanna per frode fiscale. Alfano ha fatto esplicito riferimento alla riunione della Giunta per le elezioni del Senato che si riunisce il 9 settembre con all’ordine del giorno la decadenza o meno da senatore di Berlusconi. Letta avrebbe replicato sostenendo che per la tenuta del governo sarebbe opportuno tenere separate le questioni programmatiche (abolizione dell’Imu e rinvio dell’aumento dell’Iva, su cui c’e’ accordo, sono all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri del 28 agosto) dal destino politico di Berlusconi, ribadendo che la Giunta del Senato dovra’ decidere sulla base di criteri giuridici per dare esecutività a una sentenza di condanna e non tenendo conto di pregiudiziali politiche. Il premier ha perciò confermato che il problema dell’agibilità politica per Berlusconi non puo’ essere risolto dal governo. Nel braccio di ferro tra posizioni di principio, Alfano avrebbe spiegato che l’attuale governo è stato voluto dal Pdl nell’interesse del Paese ma che l’atteggiamento pregiudiziale del Pd contro Berlusconi non lascia molti margini di manovra per confermare le larghe intese. Domani Alfano andrà ad Arcore per discutere con Berlusconi sulle prossime mosse da mettere in campo e per decidere, nel caso il Pd non cambi posizione, se aprire la crisi di governo. Secondo alcune indiscrezioni, l’ex premier non avrebbe intenzione di chiedere la grazia al Capo dello Stato e di dimettersi per propria scelta da senatore per evitare il pronunciamento della Giunta per le elezioni di palazzo Madama. Da qui la strategia alternativa: prendere tempo sollevando obiezioni nella Giunta del Senato per ottenere l’impegno a un approfondimento sul caso Berlusconi e sulla retroattivita’ della legge Severino che entrerebbe nel mirino anche per la sua dubbia costituzionalita’. In questo caso, e’ probabile che della decadenza dal ruolo di senatore di Berlusconi si discuta per alcune settimane con poche possibilita’ pero’ di capovolgere un esito che per ora appare scontato. Da qui la probabile decisione dell’ex premier di aprire la crisi di governo dandone la responsabilita’ politica alla sordita’ del Pd che userebbe una sentenza della magistratura confermata dalla Cassazione per eliminare il suo principale avversario politico. Lo scenario delle elezioni anticipate permetterebbe al leader del centrodestra di provare a prendersi una rivincita politica, ammesso che al Senato non ci siano smottamenti nel M5S e nello stesso Pdl in grado di dar vita a un governo ”Letta due” che avrebbe come obiettivi minimi la nuova legge elettorale e la manovra di bilancio di fine anno. Il segretario Guglielmo Epifani conferma intanto la posizione del Pd dopo il colloquio tra Letta e Alfano: ”In uno Stato democratico al principio di legalita’ devono soggiacere tutti, perche’ davvero la giustizia deve essere uguale per tutti. Sarebbe davvero paradossale che dopo aver visto perdere il lavoro, visto le aziende chiudere e i giovani non trovare lavoro, si aprisse una crisi al buio in queste condizioni”. Prende posizione, in una intervista a Radio 24, Dario Stefano, Sel, presidente della Giunta per le elezioni del Senato: ”Il nostro compito e’ applicare la legge, come presidente il mio compito e’ delicato perche’ devo creare le condizioni affinche’ ogni componente si senta pienamente nel diritto di esprimere la sua opinione e poi anche pienamente nel diritto che la Giunta compia e svolga il suo mandato”. Per quanto riguarda la retroattivita’ dell’applicazione della legge Severino, Stefano aggiunge: ”Con una nostra precedente autodeterminazione come Giunta abbiamo fissato che le nostre funzioni non ascrivano la competenza nel richiamare problemi di costituzionalita’ delle norme o delle leggi. Dobbiamo limitarci a svolgere il ruolo che le norme ci attribuiscono rispetto all’incandidabilita’ intervenuta e all’eventuale decadenza di Berlusconi”.