Egregio Direttore,
il Parlamento attuale, pieno di persone inquisite o già condannate nei primi gradi di giudizio e di conservatori incalliti che pensano più a perpetuare i loro mandati che al rinnovamento e al bene del Paese, è il meno idoneo ad apportare modifiche alla nostra Carta Costituzionale, e tantomeno all’ART. 138 che detta le modalità per la revisione della Costituzione e di altre leggi costituzionali. Perché se lo facesse lo farebbe sicuramente a vantaggio suo e della “casta” dei privilegiati e non del popolo italiano. Se ne è avuto sentore dal tentativo di varare, su invito del P. d. R., una legge di AMNISTIA e INDULTO estensibile ai più vari reati (compresi quelli finanziari tipo corruzione, concussione, evasione fiscale, ecc.) di cui si è macchiata buona parte dei Parlamentari nazionali e regionali e uno stuolo innumerevole di loro amici, siano essi parenti, collaboratori o faccendieri a essi legati) con tagli lineari di pena o con l’estinzione degli stessi reati. Sarebbe un provvedimento IMMORALE, deleterio per l’onorabilità delle Istituzioni e ulteriormente DISEDUCATIVO per il popolo (purtroppo già da tempo avvezzo a vedere impuniti o prescritti tanti reati), e se ne avvantaggerebbe soprattutto quella “élite” di personaggi del ceto dirigente, ora sulla cresta dell’onda, che si ritiene superiore alle leggi e che le ha calpestate a proprio vantaggio nel corso degli anni, disinteressandosi del cosiddetto “bene comune” ma interessandosi attivamente a quello delle proprie tasche.
Se a un’amnistia e a un indulto si dovesse procedere (c.d.“legge svuota carceri”) si dovrebbe valutare con cura il TIPO di REATO e vagliare attentamente a quali reati applicare tali strumenti, escludendo evidentemente quelli più efferati e quelli più odiosi, tra cui metterei senza alcun dubbio quelli finanziari di un certo spessore e sopratutto quelli contro lo Stato e la Pubblica Amministrazione, che hanno in larga misura concorso al depredamento delle finanze pubbliche e all’aumento delle diseguaglianze sociali, arricchendo indebitamente pochi a svantaggio della maggioranza degli Italiani.
Giovanni Dotti