La prossima sarà la settimana nazionale di mobilitazione degli Atenei italiani contro la progressiva destrutturazione del sistema universitario pubblico nazionale. Il tema che quest’anno fa maggiormente discutere riguarda la cosiddetta “guerra dei punti” organico. In pratica il vincolo nazionale del 20% al turnover – 2 assunzioni ogni 10 pensionamenti – non viene calcolato Ateneo per Ateneo bensì sommato in un’unica banca dati nazionale alla quale si attinge. Da qui si determina l’enorme divario tra Atenei che godono di un turnover fino al 213%, e quelli drammaticamente penalizzati con un turnover inferiore al 7%. Anche questa forbice che si determina nella distribuzione delle risorse vede, neanche a dirlo, gli Atenei meridionali dalla parte più colpita. Diversi Rettori delle Università del Sud hanno messo in evidenza come questo nuovo provvedimento, che si aggiunge ai precedenti e ripetuti tagli al fondo di finanziamento ordinario, rischia di segnare la fine di numerose realtà accademiche. Ci chiediamo pertanto se sia accettabile sancire la desertificazione scientifica e culturale di una grande area del paese quale è il Mezzogiorno. E’ giusto continuare a concentrare le risorse pubbliche in quegli Atenei che già operano in contesti privilegiati, riuscendo ad ottenere autonomamente risorse esterne da imprese, Fondazioni bancarie e centri di ricerca privati? La risposta che, senza demagogia, diamo a questa domanda è che, viceversa, serve una politica capace di “tenere unito il paese”, di riattivare processi di investimento e di sviluppo nelle aree più svantaggiate. Solo innescando un generale processo di crescita si può ottenere lo slancio necessario per risollevare il mercato interno e uscire dalla spirale di una drammatica crisi di sistema. Riteniamo inoltre necessario che le istituzioni regionali e locali “facciano quadrato” attorno ai centri universitari, avviando sinergie utili all’attrazione di risorse esterne e sostenendo il settore del diritto allo studio: che la realizzazione di un nuovo e moderno campus universitario possa rappresentare l’inizio di una nuova stagione di proficua collaborazione istituzionale a vantaggio degli studenti. La rivendicazione di concrete opportunità di sviluppo per il nostro sistema universitario, non ci fa tuttavia distogliere l’attenzione dalla disastrosa valutazione attribuita dall’ANVUR alla qualità della ricerca del nostro Ateneo. La fotografia fatta dall’Ente di valutazione nazionale vede, accanto a diverse eccellenze che ci rendono fieri della nostra istituzione, una soverchiante mediocrità diffusa che relega la storica Università di Messina all’ultimo posto della classifica nazionale dei grandi Atenei. Accanto al “fronte esterno” dei tagli ministeriali si è palesata la gravità di un “fronte tutto interno” rappresentato dall’improduttività e dall’inadeguatezza di parte della classe docente peloritana. Ci auguriamo che la settimana di dibattito sull’Università sia utile, al di là della retorica di circostanza, ad una seria presa di coscienza autocritica.