L’Esecutivo Letta intende stravolgere le regole che governano la scuola italiana: andando a spulciare nel testo delle legge-delega, Anief-Confedir ha scoperto che non si parla soltanto di semplificare o di adeguare la normativa italiana alla giurisprudenza comunitaria (obiettivo nobile), ma di riscrivere un nuovo testo unico sulla conoscenza. Il Governo, infatti, si appresta ad approvare diversi decreti legislativi, che declassano gli organi collegiali, intervengono illegittimamente su stato giuridico e trattamento economico del personale, riscrivono le regole per l’accesso alla docenza con l’introduzione del corso-concorso beffa nelle scuole, riducono il numero di ricercatori, assegnisti di ricerca e il numero dei partecipanti alle abilitazioni scientifiche nazionali i cui criteri di selezione e valutazione saranno riformulati. Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, “la contrarietà è già nel metodo perché lo strumento della legge-delega su una riforma epocale del settore della conoscenza svilisce il dibattito parlamentare e non parte da un profondo ascolto dei protagonisti. L’adozione del disegno di legge collegata alla legge di stabilità 2014 è stata rinviata nel Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, segno che ancora nella maggioranza manca un accordo su alcuni temi, ma sembra che le differenze non siano insormontabili”.
“Certo – continua Pacifico -, se veramente fosse adeguata la normativa scolastica italiana a quella europea si risolverebbero i problemi del precariato, della sicurezza, delle classi-pollaio, dei congedi parlamenti, del diverso trattamento dei supplenti, ma dubito che così accada. Di contro, all’articolo 1, comma 1 una serie di lettere esplicitano i campi di intervento su cui il Governo chiede carta bianca e che potrebbero sconvolgere la vita di un milione di dirigenti, insegnanti e ata nelle scuole e di migliaia di aspiranti alla ricerca”. Questi i passaggi che produrrebbero lo stravolgimento dell’attuale assetto scolastico e universitario. Alla lettera h), in materia di istruzione si prevede una riforma organica del reclutamento che riprende l’ordine del giorno del PD approvato nei due rami del Parlamento durante l’esame del D.L. 104/13 (ora L. 128/13) nel mantenere il sistema del doppio canale (graduatorie di merito e ad esaurimento) ma introduce l’istituto del corso-concorso nelle scuole, quando migliaia di precari hanno diritto alla semplice stabilizzazione dopo aver prestato servizio per più di 36 mesi su posti vacanti e disponibili, come dice la Commissione UE. È anche prevista una riforma degli organi collegiali che lasci a questi la sola funzione consultiva, forse una revanche contro le prese di posizione dei diversi collegi docenti contro l’aumento delle ore da 18 a 24 ore, abortito soltanto un anno fa. Alla quale far seguire la definizione e il potenziamento delle reti di scuole autonome, visto che sono state ridotte di 1/3 negli ultimi sei anni (da 12.000 a 8.000) e visto che il fondo per l’offerta formativa è stato depredato per garantire il pagamento dell’una tantum per il 2011 (MOF) e per evitare l’aumento delle ore a 24 (FIS). In arrivo anche una riforma dello stato giuridico e della definizione del trattamento economico del personale con interventi tra le fonti di natura pubblicistica e negoziale, che in verità dovrebbe riguardare tutto il pubblico impiego dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro ma che ne dovrebbe vedere attore il Parlamento e non il Governo-Legislatore d’urgenza o delegato che è anche il datore di lavoro, perché in questo caso uno dei due contraenti dell’atto negoziale cambia le regole da solo, in maniera incostituzionale, come è avvenuto in questi ultimi anni con il blocco dei contratti (2010-2014) o del primo gradone stipendiali per i neo-assunti dal 1 settembre 2011. Ma le novità non finiscono qui: il Governo ha programmato anche l’introduzione della contabilità delle istituzione scolastiche, come se non ci fosse già un regolamento; la disciplina giuridica degli altri soggetti riconosciuti nel settore dell’istruzione, si spera ricordandosi dei supervisori abbandonati, dei nuovi tutor del TFA o ancora dei vicari non pagati; una riforma dello stato giuridico dei docenti dell’AFAM, magari chiarendo se appartengono al settore della scuola o dell’università.