La legge di stabilità approvata nelle ultime ore al Senato non sana il danno che il Parlamento italiano sta perpetrando nei confronti dei dipendenti della scuola: il via libera al maxiemendamento, che nei prossimi giorni passerà all’esame della Camera, comprende una serie di provvedimenti che avvicineranno gli stipendi di insegnanti e personale non docente alla soglia di povertà. La proroga del blocco del rinnovo del contratto comporterà, infatti, la corresponsione nei loro confronti di buste paga, unico caso della pubblica amministrazione, ferme per il quinto anno consecutivo.
Ignorando le diverse perplessità espresse nelle scorse settimane dalla VII Commissione Istruzione del Senato (“300 milioni di euro si spostano dalle retribuzioni del personale, già molto basse, verso il contenimento della spesa pubblica”), a Palazzo Madama non si è tenuto conto che tra i paesi moderni europei i nostri docenti hanno lo stipendio più basso dopo la Grecia, con quasi 8mila euro in meno a fine carriera rispetto alla media delle buste paga del vecchio continente: è tutto dire che oggi in media un insegnante guadagni appena 1.300 euro. E un non docente poco più di mille euro.
Non bisogna poi dimenticare che fermare gli stipendi a tutto il 2014 significa violare i principi richiamati dalla sentenza della Corte Costituzionale sull’illegittimità della proroga del blocco stipendiale (la n. 223/12 che annulla l’art. 9, c. 21 della Legge 122/2010) nei confronti dei magistrati che operano per lo Stato: secondo i giudici, infatti, è illegittima la loro proroga del blocco stipendiale, poiché non rientra più nei casi di eccezionalità. E, per analogia, lo stesso discorso vale per tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione.
A questa beffa, per i dipendenti della scuola va aggiunta quella derivante dal D.P.R. n. 122 del 4 settembre 2013, che ha sancito la nullità, a partire dal 2011, dell’accordo sulla copertura degli scatti automatici: aumenti e arretrati, in pratica, vanno considerati mere indennità per coprire il blocco degli scatti del personale della scuola per il triennio 2010-2012, poi prorogato, voluto dall’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Tra l’altro, per pagare questa ‘una tantum’ si sottrarrà una sostanziosa parte al fondo per il miglioramento dell’offerta formativa: 400 milioni di euro verranno sottratti ai nostri alunni, negandogli una parte delle preziose attività a completamento della didattica, come i progetti di attività motorie, linguistica e informatica.
Come se non bastasse, la legge di stabilità approvata al Senato prevede la proroga dell’indennità di vacanza contrattuale sino al 2015, con la prospettiva di proroga al 2017: considerando che si fa riferimento al comma 17 dell’art. 9 della Legge 122/2010, anche in questo caso i valori stipendiali del personale della scuola, da adeguare all’inflazione, rimangono di fatto fermi addirittura al 2009.
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, “a riportare il tutto su dei binari di giustizia potrebbe essere ancora una volta quella Corte costituzionale che lo scorso anno ha già annullato il blocco degli scatti per i magistrati: non è possibile ridurre ai minimi termini gli stipendi dei dipendenti pubblici, tenendoli fermi per sei anni o più probabilmente per otto, proprio nel mezzo di una crisi economica profondissima. Tra l’altro – conclude Pacifico – si va a penalizzare una categoria, quella degli insegnanti e del personale della scuola, di cui da tempo si auspica il rilancio professionale”.