I dati Ocse-Pisa 2012 sulle competenze degli studenti 15enni, presentati oggi al Miur, confermano il gap formativo cui sono destinati gli iscritti a una scuola del nord rispetto ai coetanei che frequentano un istituto del sud: mentre gli studenti di Trento, Friuli Venezia Giulia e Veneto sono tra i più bravi al mondo in matematica (tra le prime 14 aree territoriali a livello mondiale, praticamente ai livelli di Svizzera, Olanda e Finlandia), i 15enni siciliani occupano un posto basso molto più basso nelle ”performance con i numeri”, collocandosi tra Turchia e Romania (quasi al centesimo posto). Pure nei campi delle scienze e della lettura le eccellenze nazionali sono concentrate al nord est, con le prestazioni più scarse che si registrano anche stavolta al sud. Nella lettura, in particolare, la Sicilia occupa una posizione davvero bassa, collocandosi addirittura dopo la Repubblica Slovacca.
L’Ocse si è anche soffermata sulla diretta proporzionalità tra rendimento scolastico e frequenza assidua delle lezioni: nel nostro paese, la percentuale di chi non è mai arrivato tardi a scuola è molto più elevata in Veneto, Trento, Bolzano, Emilia, Friuli (con punte del 75%) rispetto, ad esempio, al Lazio (59%) e alla Calabria (54%). Per quanto riguarda l’assiduità delle presenze, i “sempre presenti” vanno da un minimo del 37,7% della Campania a un record di quasi l’80% di Bolzano.
“I dati Ocse-Pisa sul divario Nord-Sud ci amareggiano – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – ma purtroppo non ci sorprendono: questi numeri non fanno altro che certificare il gap di investimenti che lo Stato ha riservato alle regioni, abbandonando di fatto quelle meridionali. Per tutti vale quanto è accaduto in Sicilia nel 2012, dove la mancanza di risorse e di mense scolastiche ha fatto sì che il tempo pieno nella scuola primaria è stato attivato solo per il 3 per cento degli alunni. Mentre il tempo pieno in Lombardia è presente nel 90 per cento delle scuole primarie”.
Ed è evidente che tenere gli alunni a scuola anche nel pomeriggio significa garantire loro una maggior offerta formativa. Mentre al termine dei cinque anni di scuola primaria i bambini della Sicilia studieranno 430 giorni in meno, che corrispondono a oltre 2 anni scolastici. A questi dati va aggiunta la scarsità di investimenti per combattere la dispersione scolastica e migliorare l’orientamento. Al sud non c’è solo un problema demografico e migratorio, ma anche un alto tasso di abbandono scolastico in età di obbligo formativo. Con il risultato che negli ultimi cinque anni tra il sud e le isole si sono persi 150mila alunni – con Molise, Basilicata e Calabria che accusano riduzioni tra il 7% ed il 9% – mentre al nord c’è stato un incremento di 200mila iscritti (incremento maggiore del 5%).
Così, mentre l’Ue ci chiede di raggiungere, nel 2020, un tasso medio nazionale di abbandono del 10%, con alcune aree del centro-nord già vicine a questa soglia, ancora una volta il sud va per conto suo: in Sicilia la quota dei ragazzi che lasciano gli studi in età di obbligo formativo supera in certe aree ancora il 25%. “È evidente – commenta ancora Pacifico – che se non si inverte questa tendenza con un serio piano di sviluppo economico, di implementazione di idee e risorse, il meridione è condannato all’eutanasia. Con il Nord che guarda sempre più da vicino l’Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a garantire il diritto allo studio”.
A dare la “mazzata” finale alle regioni del sud, che hanno meno risorse, ci hanno poi pensato le riforme scolastiche degli ultimi anni. Con l’orario curricolare ridotto di un sesto: oggi l’Italia detiene il triste primato di 4.455 ore studio nell’istruzione primaria, rispetto alle 4.717 dell’area Ocse; in quella superiore di primo grado siamo scesi a 2.970, rispetto alle 3.034 sempre dell’Ocse. Preoccupa, inoltre, il crollo al 20,5% del tasso di occupazione dei 15-24enni. Per non parlare della quota di giovani che non sono né nel mondo del lavoro, né in educazione né in formazione (Neet), la cui percentuale è cresciuta in cinque anni, tra gli under 25, di oltre 5 punti, arrivando a fine 2012 al 21,4%. E non vale nemmeno la teoria che tutti sono in queste condizioni: solo Grecia e Turchia, tra i 34 Paesi dell’organizzazione, hanno infatti una quota di Neet più elevata.
E pure su questo fronte, dei giovani che non studiano né lavorano, il sud è stato penalizzato: se nel Mezzogiorno sfiorano il 32%, mentre nelle regioni Settentrionali sono meno della metà. “Siamo riusciti nell’impresa di abbattere i fondi destinati a combattere l’abbandono scolastico – commenta ancora Pacifico –. Con le regioni più avanti che hanno tamponato. E quelle più arretrate che stanno sprofondando. Mentre il decollo dell’apprendistato e l’obbligo formativo fino a 18 anni, le carte vincenti per sovvertire il trend, sono rimasti solo dei progetti sulla carta”.