In linea di principio, riconoscono nel medico di medicina generale la figura di riferimento per la cura del dolore (91%) ma, alla prova dei fatti, gli italiani decidono in autonomia e ricorrono all’automedicazione (53%) o, più di rado, chiedono consiglio in farmacia (20%). Nei confronti dei farmaci oppiacei, cresce la fiducia degli addetti ai lavori e l’interesse dei pazienti eppure, ogni 10 analgesici prescritti, 1 solo è oppioide mentre 7 sono antinfiammatori non steroidei (FANS), anche per dolori cronici e terapie protratte nel tempo. E’, in sintesi, la fotografia scattata da un’indagine condotta da Doxa per conto del Centro Studi Mundipharma su un triplice target, allo scopo di sondare i rispettivi approcci al trattamento antalgico: 500 pazienti (25-64 anni) che hanno utilizzato medicinali antidolorifici negli ultimi 6 mesi, 100 medici di famiglia e 100 farmacisti di tutta Italia.
Dal dire al fare, un divario da colmare. Potrebbe essere questa la formula che riassume il quadro articolato e, in parte, contraddittorio dipinto dalla survey.
Entrando nel dettaglio della ricerca, si scopre che il 30% dei pazienti visitati dai medici di famiglia nell’ultimo mese lamenta dolore; nel 66% dei casi, si tratta di una forma cronica. Circa 8 clinici su 10 effettuano personalmente la diagnosi e la prescrizione della terapia ma il fenomeno dell’autocura – confermato anche dai farmacisti – assume dimensioni eclatanti: il 73% dei malati non si rivolge ad alcun medico. Gli analgesici piu’ impiegati? Sempre e comunque FANS: li assume il 95% dei pazienti, li prescrive il generalista al 72% dei suoi assistiti, anche in caso di dolore cronico (1 volta su 2). Per limitare gli effetti collaterali degli antinfiammatori, riferiti dal 20% dei pazienti, si ricorre poi molto spesso ai gastroprotettori, con un evidente aggravio di costi per il SSN.
Gli oppioidi, al contrario, compaiono solo nell’11% delle ricette firmate dal medico di famiglia: all’origine vi sono probabili deficit conoscitivi e una scarsa confidenza con queste opzioni terapeutiche, come dimostra il fatto che il 22% dei generalisti intervistati ammetta di non conoscere o non ricordare alcun marchio di farmaco oppiaceo presente sul mercato. Pesano pero’ anche le resistenze dei pazienti: un ostruzionismo che il curante, forse per mancanza di solide basi, non se la sente di affrontare. Il timore che gli analgesici oppioidi possano indurre dipendenza spaventa il 65% dei malati, il 61% li considera per malattie gravi e il 53% crede che la legge ne consenta l’uso solo in casi particolari.
”L’indagine Doxa evidenzia un uso improprio di analgesici per la gestione del dolore cronico, nonostante a molti siano noti i gravi effetti collaterali che i FANS possono creare, se impiegati per lungo tempo”, dichiara Massimo Allegri, Dirigente Medico Terapia del Dolore, Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo e Universita’ di Pavia. ”Recenti dati di letteratura mostrano che l’uso protratto di antinfiammatori possa causare non solo danni gastrici ma anche problemi cardiovascolari. E’ fondamentale che gli oppioidi vengano considerati un valido strumento per la terapia del dolore cronico moderato-severo. I pazienti a volte pensano possano dare dipendenza. In realta’, le evidenze scientifiche dimostrano che, nei soggetti trattati con oppiacei a scopo antalgico, non sembrano attivarsi le medesime aree cerebrali coinvolte nei meccanismi della dipendenza”.