Dopo una lunga attesa, sono ai nastri di partenza i corsi di specializzazione per diventare insegnanti di sostegno. Con il nuovo anno si completeranno, infatti, le selezioni e subito dopo l’inverno gli avvii della trentina di corsi, sparsi per il territorio nazione, che nella maggior parte dei casi si concluderanno entro la metà del 2015. Per arrivarci, però, i docenti dovranno versare nelle casse delle Università cifre fuori mercato: Il record per accedere alla prova preselettiva e alla frequenza dei corsi è dell’Università di Enna ‘Kore’, dove ad ogni candidato vengono chiesti rispettivamente 200 e 3.700 euro. Nelle ultime ore anche Palermo ha pubblicato il bando di concorso, indicando delle cifre non molto distanti: 150 euro per la “lotteria” dei quiz selettivi e 3.500 per partecipare a lezioni e tirocini.
Anief rileva, con amarezza, che ancora una volta i docenti della scuola, soprattutto se precari, diventano strumento per fare business. A vantaggio dell’amministrazione organizzatrice. In questo caso degli atenei che in uno dei periodi più negativi sul fronte dei finanziamenti statali, con l’avallo degli Usr di competenza, trovano il modo di fare entrare nei propri bilanci risorse economiche “vive”. Che tuttavia non possono essere giustificate, come indicato nei bandi accademici, dalla presenza della tassa regionale per il diritto allo studio, dal libretto, dall’assicurazione, dalla marca da bollo e dal contributo per svolgere i tirocini.
Ora, considerando che i posti complessivi che verranno messi a bando per specializzarsi sul sostegno, in base al Decreto Ministeriale 706/13, sono 6.398 (1.285 riguardano per la scuola dell´infanzia, 1.826 per la primaria, 1.753 per la secondaria di primo grado e 1.534 per quella di secondo grado), alle Università incaricate dal Miur di organizzare i corsi verrà corrisposta dagli aspiranti docenti di sostegno una cifra complessiva vicina ai 20 milioni di euro (considerano 3.000 euro di spesa a corsista).
A cui vanno aggiunti almeno altri 3 milioni derivanti dal “contributo” richiesto ai 20mila candidati (a tenersi “bassi”, stimando il triplo dei candidati rispetto ai posti messi a concorso) che tenteranno di accedere ai corsi attraverso i test: ad ogni aspirante alla frequenza del corso di sostegno viene infatti chiesta una quota di partecipazione che va tra i 75 (Trento) e i 200 euro (‘Luspio’ Roma, Macerata, ‘Carlo Bo’ Urbino e ‘Kore’ Enna). Che non verrà “restituita in alcun caso”.
La denuncia realizzata dall’Anief, esattamente un mese e mezzo fa, all’indomani della pubblicazione dei primi bandi di selezione per l’accesso ai corsi di specializzazione, era quindi più che fondata. “Il nostro sindacato – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – aveva intuito che stava prendendo corpo il tentativo di trasformare in ‘bancomat’ i futuri docenti di sostegno dei nostri alunni con bisogni speciali. Guarda caso, giusto qualche settimana dopo il varo da parte del Governo del massiccio piano di assunzioni in ruolo di questa tipologia di insegnanti: nel prossimo triennio, infatti, sono previste 27mila collocazioni degli attuali posti di sostegno in deroga nell’organico di diritto. Con la successiva stabilizzazione di buona parte del personale specializzato che vi farà parte”.
Così, davanti ad una prospettiva di lavoro “allettante”, le Università hanno pensato bene di alzare il tiro delle richieste: di fronte alla possibilità di essere assunti dallo Stato, non avrebbero certo fatto resistenze. E così sta andando, visto l’alto interesse per accedere ai corsi. Ma ciò non cancella l’atteggiamento utilitarista assunto dagli atenei. “Qualcuno avrebbe dovuto dire agli atenei – conclude Pacifico – che per partecipare alle selezioni per diventare insegnante di sostegno le Università hanno deciso di chiedere fino a quattro volte di quanto si chiede per diventare oggi magistrati, avvocati o notai: tutte professioni, peraltro, non certo scevre dal business e dall’assalto alle professioni”.