ALLUVIONE IN SARDEGNA: UN MONITO PER TUTTO IL PAESE

L’alluvione del 18 novembre in Sardegna è la dimostrazione plastica di come in Italia si sottovalutino gli effetti sugli ecosistemi naturali provocati dal consumo del suolo e dalla cementificazione del territorio, non si tenga conto dei vincoli delle conoscenze, di quanto di grave accaduto in questi ultimi 50 anni e non si faccia prevenzione del rischio idrogeologico.
Il tutto si accompagna alla mancanza di interventi urgenti e necessari per l’adattamento ai cambiamenti climatici (solo recentemente il Ministero dell’ambiente ha posto la Strategia nazionale a consultazione). Nel Piano di Assetto Idrogeologico sardo già nel 2006 si evidenziava, tra le “cause principali di esondazione”, l’interazione tra infrastrutture di trasporto e reticolo idrografico, unitamente ad una scarsa manutenzione fluviale”: il Piano riportava come “su 1055 casi di pericolosità, oltre la metà delle cause deve ascriversi a insufficienza della luce libera sotto i ponti, per il 32%, e a scarsa manutenzione fluviale, per il 19%”. Purtroppo la gestione virtuosa del territorio difetta nelle Amministrazioni Pubbliche, un fatto spesso denunciato dal WWF.
Quanto è accaduto in Sardegna non rappresenta certo l’eccezione, ma la regola: tutta l’Italia è costantemente a rischio. C’è bisogno di un radicale cambio di passo nella strategia complessiva, puntando su una gestione razionale del territorio, investimenti per una politica di prevenzione che punti a ridurre il dissesto idrogeologico e un serio piano di adattamento ai cambiamenti climatici e manutenzione del territorio per il quale il Ministero dell’Ambiente ha calcolato che ci sarebbe bisogno di un investimento di almeno 1.6 miliardi euro/anno per 15 anni, mentre nel 2014-16 al momento sono stanziati solo 180 milioni di euro.