Mentre si sta arenando la trattativa in Conferenza Stato-Regioni per trovare un accordo sul dimensionamento delle scuole, con il Ministero dell’Economia che non vuole recedere dalla volontà di tagliare ancora altri 800 degli attuali 8.496 istituti autonomi, il sindacato Anief decide di passare alle vie di fatto chiedendo pubblicamente il ripristino delle 2mila scuole cancellate negli ultimi anni. In mancanza di un accordo sulla formulazione di nuovi parametri da adottare per il mantenimento in vita degli istituti scolastici – il Mef chiederebbe almeno 1.000 alunni per ognuno, mentre le regioni sarebbero orientate a chiudere il discorso per 950 – Anief ricorda che tornerebbero in vigore le norme previgenti, previste dal D.P.R. 233/98: scuole normali costituite con un numero variabile tra i 500 e i 900 alunni, scuole poste in montagna e nelle piccole isole con un numero minimo di 300 alunni.
In caso contrario, qualora non si tornassero ad adottare tali parametri, Anief è pronta a patrocinare migliaia di ricorsi ad hoc. Per salvaguardare la titolarità dei dirigenti scolastici, dei Dsga, dei docenti, del personale Ata perdente posto. Ma soprattutto i diritti degli alunni e delle rispettive famiglie, cui verrebbe negata illegittimamente la frequenza dell’istituto scolastico prescelto. Del resto l’azione del sindacato ha già prodotto i suoi effetti, inducendo il legislatore a introdurre nel Decreto istruzione la necessità di prevedere un accordo tra il Ministero dell’Istruzione, il Mef e le regioni, al fine di verificare, per il prossimo anno scolastico, la composizione dei criteri per "la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, nonché per la sua distribuzione tra le Regioni, che provvederanno autonomamente al dimensionamento scolastico sulla base di questo accordo".
"Venendo meno quell’accordo – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è evidente che occorrerà ripristinare quelle leggi sulla formazione degli istituti scolastici mai decadute, a partire dai criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998. Come anche confermato dalla Consulta, con la sentenza n. 147 del 7 giugno 2012, che ha di fatto bocciato la chiusura o l’accorpamento degli istituti con meno di mille alunni".
Nella sentenza 147 del 2012, la Corte Costituzionale aveva ritenuto "costituzionalmente illegittimo" l’articolo 19, comma 4, del decreto legge 98 del 2011, poi legge 111/2011, proprio nella parte che fissava l’obbligo di accorpamento in istituti comprensivi delle scuole dell’infanzia, elementari e medie che per acquisire l’autonomia "devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche". Un concetto ribadito inoltre dal Consiglio di Stato, che si è espresso nella stessa direzione su una controversia riguardante una scuola di Castrovillari. "Cancellare altre 800 scuole – continua Pacifico – comporterebbe sicuri disservizi: bisogna infatti ricordare che negli ultimi sei anni è stata già cancellata una scuola su tre. Visto che da oltre 12mila sono passate alle attuali 8.400. Con conseguente riduzione dell’organico di dirigenti e Dsga di 4mila unità per profilo. Con il risultato finale che oggi un preside gestisce la propria scuola, più, in media, altri 4 plessi. Tra l’altro spesso posizionati a decine di chilometri l’uno dall’altro".