È stata lanciata lo scorso 20 dicembre la campagna contro l’omotransfobia “Spegniamo l’odio” realizzata da Arcigay con il finanziamento del Consiglio d’Europa e la collaborazione di Latte creative. Il video, che riproduce le frasi omofobe e transfobiche pronunciate in pubblico da esponenti politici e religiosi e diffuse dai mass media generalisti, rappresenta un atto di accusa nei confronti dell’omotransfobia istituzionale italiana e responsabilizza chi le pronuncia del clima di violenza sempre più allarmante che si riscontra nel nostro Paese, ai danni delle persone lgbt ma non solo.
Al video Arcigay ha associato una petizione, diffusa sul web dalla piattaforma change.org (www.change.org/noomofobia) e indirizzata ai senatori che compongono, a Palazzo Madama, la Commissione Giustizia: in quella sede infatti è iniziata la discussione sul testo Scalfarotto/Verini/ Gitti contro l’omotransfobia, licenziato il 19 settembre scorso dalla Camera dei deputati e bocciato da Arcigay e da tutto il mondo associativo. La petizione ha già raggiunto quota 50mila firme e oggi, simbolicamente, Arcigay, attraverso il suo presidente Flavio Romani, intende consegnare queste firme agli eletti di Palazzo Madama. L’intento è quello di convincere i senatori a “operare affinché l’emendamento Verini-Gitti sia tolto dal testo di legge. In particolar modo – si legge nella petizione – riteniamo il subemendamento Gitti talmente pericoloso da inficiare l’applicabilità concreta dell’intera legge. Quel subemendamento va cancellato”.
Già durante il dibattito alla Camera Arcigay, assieme alle altre sigle del movimento lgbt, aveva manifestato pubblicamente il dissenso nei confronti dei numerosi cavilli e salvacondotti attraverso i quali si stava tentando di sabotare la Reale Mancino. La proposta della piena estensione di quella legge alle fattispecie dell’omofobia e della transfobia, sostenuta all’apertura dei lavori della Commissione Giustizia di Montecitorio da Pd, Sel e M5S, è stata sin da subito drasticamente soppiantata e svuotata da un nuovo testo che non prevedeva l’estensione delle aggravanti, sottoscritto da Pd e Pdl. Poi in aula il reintegro delle aggravanti è stato utilizzato come merce di scambio per l’inserimento di due subemendamenti, il primo dell’on. Verini (Pd), il secondo dell’on. Gitti (Sc allora, ora Ppi), che rendono il testo ambiguo e rappresentano da un lato un pericoloso ostacolo alla piena applicabilità della norma, e dall’altro un punto d’eccezione posto alle persone lgbt in una norma che da più di vent’anni, senza eccezioni di sorta, tutela le vittime dei cosiddetti crimini d’odio. Questo per Arcigay è politicamente inaccettabile.
“L’intero focus della discussione – denuncia la petizione – si è spostato sulla presunta restrizione della libertà di opinione contenuta nella legge”.
“Siamo i primi a difendere la libertà di pensiero – spiegano i firmatari – , che riteniamo preziosa e intoccabile, principio fondamentale di ogni paese democratico, libertà che la nostra Costituzione difende in maniera cristallina. Non possiamo accettare però che la libertà di pensiero venga usata come scudo per nascondere la precisa volontà di impedire che anche in questo paese si inizi finalmente un’evoluzione culturale che porti alla fine dello stigma sociale e legalizzato che ancora pesa sulla vita delle persone gay, lesbiche e trans”.
“L’emendamento che riguarda la libertà d’opinione – prosegue il documento – è quindi per noi inaccettabile oltre che offensivo, e crea un imbarazzante vulnus all’interno della legge. Questo emendamento sembra voler favorire la libertà di insulto e discriminazione, e in particolar modo, per ciò che riguarda il subemendamento Gitti, istituisce zone di non applicabilità della legge talmente vaghe e confuse da creare veri e propri corridoi di sicurezza per razzisti, antisemiti e omofobi".
L’associazione chiede inoltre che nel testo attualmente in discussione, i termini “omofobia” e “transfobia” vengano sostituiti con espressioni riferite a “orientamento sessuale” e “identità di genere”, termini che già compaiono nella nostra normativa e in trattati internazionali, molto meno ambigui e con una robustezza giuridica già consolidata.
Ma soprattutto, se l’obbiettivo è realmente quello di aggredire il fenomeno dei crimini d’odio di natura omofobica e transfobica. occorre rendersi conto che una legge penale, che interviene quando il fatto di violenza si è già compiuto, può rappresentare al massimo un deterrente (tanto più forte quanto più la legge si mostra efficace) ma non risolve affatto il problema: "Per questo – si legge ancora nel testo della petizione – chiediamo che la legge intervenga anche in ambito sociale e culturale per prevenire l’omofobia e la transfobia con azioni che vadano ad incidere direttamente nei luoghi dove queste si formano, a partire dalle scuole e dai luoghi di lavoro".