Credit crunch senza fine e crescita continua delle sofferenze: tagliati più di 55 miliardi di euro di prestiti negli ultimi dodici mesi, con le rate non pagate che ora valgono quasi 156 miliardi. E’ dunque sempre più forte la stretta delle banche sui finanziamenti che nell’ultimo anno sono calati al ritmo di quasi 5 miliardi al mese. Da dicembre 2012 a dicembre 2013 il totale dei finanziamenti al settore privato è diminuito di 55,2 miliardi di euro passando da 1.471,4 miliardi a 1.416,1 miliardi. Una riduzione che interessa sia le famiglie (-7,7 miliardi) sia le imprese (-47,4 miliardi). Famiglie e imprese che rimborsano con sempre maggiore fatica il denaro ricevuto in prestito: le sofferenze sono infatti passata dai 124,9 miliardi di dicembre 2012 ai 155,8 di dicembre 2013, con quelle delle imprese che valgono 108,2 miliardi e quelle delle famiglie 32,1 miliardi. Questi i dati principali del Rapporto mensile sul credito del Centro studi Unimpresa, secondo cui le erogazioni degli istituti di credito sono scese, complessivamente, del 3,76% nell’ultimo anno, mentre le sofferenze sono cresciute del 24,71%. Secondo il rapporto dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, resta particolarmente grave il quadro dei finanziamenti per le imprese: nell’ultimo anno le aziende hanno assistito alla riduzione dei finanziamenti di tutti i tipi di durata. Sono calati i prestiti a breve termine (fino a 1 anno) per 25,6 miliardi (-7,75%) da 331 miliardi a 305,4 miliardi, quelli di medio periodo (fino a 5 anni) di 5,3 miliardi (-4,23%) da 126,6 miliardi a 121,3 miliardi e quelli di lungo periodo (oltre 5 anni) di 16,4 miliardi (-4,08%) da 403,6 miliardi a 387,1 miliardi. In totale lo stock di finanziamenti alle imprese è sceso da 861,3 miliardi a 813,8 miliardi con una diminuzione di 47,4 miliardi (-5,51%). Analoga situazione per le famiglie: in dodici mesi meno credito al consumo per 1,1 miliardi (-1,89%) da 59,7 miliardi a 58,6 miliardi e meno prestiti personali per 2,4 miliardi (-1,35%) da 184,7 miliardi a 182,2 miliardi. Giù anche il comparto mutui casa con le erogazioni degli istituti calate di 4,1 miliardi (-1,14%) da 365,5 miliardi a 361,4 miliardi: il mercato immobiliare, così rilevante per il prodotto interno lordo italiano e per le prospettive di crescita economica, resta dunque privato della liquidità necessaria a ripartire; la contrazione dei finanziamenti non consente al business del mattone di rimettersi sul sentiero della crescita. In totale, lo stock di finanziamenti alle famiglie è calato in un anno da 610 miliardi a 602,2 miliardi con una diminuzione di 7,7 miliardi (-1,28%). Crescono, contemporaneamente, le sofferenze nelle banche: negli ultimi 12 mesi sono salite del 24,71% arrivando a 155,8 miliardi di euro a dicembre scorso. La fetta maggiore di prestiti che non vengono rimborsati regolarmente agli istituti di credito è quella delle imprese (108,2 miliardi). Le "rate non pagate" dalle famiglie valgono 32,1 miliardi, mentre quelle delle imprese familiari 13,3 miliardi. Superano il tetto dei 2 miliardi, poi, le sofferenze della pubblica amministrazione, delle assicurazioni e di altre istituzioni finanziarie. Complessivamente le sofferenze adesso corrispondono all’11,01% dei prestiti bancari, in aumento rispetto all’8,49% di un anno fa. A dicembre del 2010 le sofferenze ammontavano a 77,8 miliardi: in tre anni, quindi, sono raddoppiate con un incremento del 100%. In totale le sofferenze sono passate dai 124,9 miliardi di dicembre 2012 ai 155,8 miliardi di dicembre 2013 (+24,71%) in aumento di 30,8 miliardi. Nel dettaglio, la quota delle imprese è salita da 83,4 miliardi a 108,2 (+29,77%) in aumento di 24,8 miliardi. La fetta relativa alle famiglie è cresciuta da 28,3 miliardi a 32,1 miliardi (+13,52%) in salita di 3,8 miliardi. Per le imprese familiari c’è stato un aumento di 1,7 miliardi da 11,5 miliardi a 13,3 miliardi (+15,34%). Le "altre" sofferenze (pa, onlus, assicurazioni, fondi pensione) sono passate invece da 1,6 a poco più di 2 miliardi (+26,52%) con 437 milioni in più. A dicembre 2012 le sofferenze corrispondevano all’8,49% dei prestiti bancari (1.471,4 miliardi), percentuale salita all’11,01% a dicembre scorso, quando i finanziamenti degli istituti erano scesi a 1.416,1 miliardi. Rispetto alla fine del 2010 le sofferenze sono raddoppiate: in di tre anni, da dicembre 2010 a dicembre 2013, sono passate da 77,8 miliardi a 155,8 miliardi in salita di 78 miliardi (+100%). A fine 2011 erano a 107,1 miliardi; alla fine del 2012 a 124,9 miliardi. "I numeri parlano da soli: il quadro del mercato del credito è drammatico nonostante gli sforzi dei rappresentanti delle banche che negano l’esistenza del credit crunch. Al nuovo Governo che sarà formato dal premier incaricato, Matteo Renzi, chiediamo più impegno proprio per far riaprire agli istituti i rubinetti dei prestiti" osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. "Il futuro è sempre più incerto, il Paese è allo sbando e le proteste in piazza, che aumentano giorno dopo giorno, sono un segnale preoccupante da non sottovalutare" spiega il presidente di Unimpresa. "Leggiamo con attenzione e pure con preoccupazione – aggiunge Longobardi – di progetti, in corso tra le principali banche italiane, volti alla creazione di una cosiddetta bad bank per ridurre l’impatto delle sofferenze che gravano sui bilanci del settore bancario. Tuttavia, segnaliamo il rischio che potrebbe derivare dalla cessione a fondi speculativi delle rate non pagate di prestiti e mutui. Si tratta di soggetti che non di rado, per rientrare delle esposizione, si rivolgono a società attive nel campo del recupero crediti che spesso hanno legami e rapporti con la criminalità organizzata il cui business verrebbe alimentato proprio dalle sofferenze". Secondo il presidente di Unimpresa "è opportuna la creazione di un fondo centrale di garanzia che consenta alle banche di rimettere in moto il motore del credito. A nostro avvisto è l’unica soluzione possibile per mettere in condizione gli istituti di tornare a prestare denaro alle imprese, dopo un biennio in cui la stretta dei rubinetti è stata tremenda. Specie per le micro, piccole e medie imprese italiane la questione della garanziasi traduce in un muro da parte delle banche al momento della presentazione delle domande di credito. Gli istituti chiedono agli imprenditori italiani sempre più garanzie che non possono essere fornite".