Sulla pubblica amministrazione sono stati già effettuati tutti i tagli possibili: basti pensare ai 350mila posti di dipendenti statali cancellati solo negli ultimi quattro anni. Di cui oltre la metà sottratti alla scuola, assieme a 8 miliardi euro, 4mila istituti e al rinnovo contrattuale del personale ormai fermo ai livelli del 2009. Sono dati che parlano da soli e che inducono Anief-Confedir a respingere con forza il piano di lavoro che sta approntando il Comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica, a partire dall’ulteriore riduzione di 85mila lavoratori della PA.
“Al commissario straordinario per la spending review italiana, Carlo Cottarelli, ricordiamo che ridurre ulteriormente il personale che opera nella pubblica amministrazione avrebbe effetti a dir poco deleteri sul servizio pubblico che è chiamata ad assolvere”, dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir.
“Siamo preoccupati per la funzionalità di tutti i comparti pubblici, ma in particolare per il destino della scuola, dove già oggi l’offerta didattica complessiva risente in modo pesante delle privazioni attuate a partire dalla Legge 133/2008. Andare ulteriormente a ritoccare in negativo l’attuale assetto degli organici, assieme, come sembra, a quello del sostegno e del dimensionamento scolastico, ci farebbe ancora più arretrare a livello di formazione e preparazione culturale dei nostri giovani già abbondantemente indietro rispetto ai risultati Ocse-Pisa degli altri Peasi”.
Anief-Confedir rammenta all’ex componente del Fondo monetario internazionale che la scuola è il settore che nell’ultimo periodo ha dovuto subire il 75% dei tagli di tutta la P.A.. Con la sparizione di un sesto del personale e dell’orario degli studenti, di un terzo dei dirigenti e delle scuole autonome, l’utilizzo perpetuo del precariato per il 15% dei posti in organico al fine di evitare il pagamento degli scatti di anzianità ora precluso anche ai neo-assunti. Per non parlare dell’università, che ha visto cancellata la figura del ricercatore e prorogato il blocco del turn-over al 2018.
“Spendere meno si può, ma prima di tutto – continua Pacifico – occorre spendere meglio. E questo lo si deve fare nella cultura, nella formazione, nella ricerca, nella scuola, nell’università. Tutti luoghi dove ogni finanziamento non è di certo una spesa, ma un investimento per rilanciare lo sviluppo economico dell’Italia”.
Il sindacato reputa pertanto ingiustificato, inoltre, qualsiasi ulteriore riduzione del numero dei dirigenti pubblici (si parla di un taglio tra l’8 e il 12%): a tal proposito, il commissario Cottarelli forse non sa che da diversi anni si è attuato un severo blocco del turn over, che ha messo in ginocchio, proprio per la mancanza di personale, la maggior parte dei settori nevralgici della dirigenza statale.
Tagliare nella PA significherebbe, di conseguenza, ridimensionare i servizi prodotti e mettere ancora più in crisi l’economia del Paese. La cancellazione dei posti di lavoro, infatti, comporta nell’80% dei casi il mancato rinnovo del contratto delle diverse decine di migliaia di precari che operano nello Stato. Tutto personale selezionato e specializzato che perderebbe lavoro, ridurrebbe i consumi e precarizzerebbe anche la vita di altrettante famiglie.
Sempre in tema di spending review, il commissario Cottarelli farebbe anche bene a sapere che continuare a mantenere precari 140mila dipendenti della scuola, 30mila nella sanità e quasi 80mila tra ministeri vari, enti locali e regioni, ha un costo per lo Stato pari a 700 milioni di euro l’anno. E ciò per effetto della legge 92/2012, che ha introdotto le indennità AspI e mini-ASpI, per indennizzare i lavoratori subordinati rimasti disoccupati: si tratta di un versamento all’Inps, riservato al personale non di ruolo, che per l’amministrazione pubblica comporta un aggravio variabile tra i 2.500 e i 3mila euro annui a lavoratore. Quindi la soluzione non può essere quella di tentare di cancellare il posto di lavoro, ma di stabilizzare chi lo ricopre da tempo.
“Invece di pensare di far quadrare i conti dello Stato facendo cassa sulle spalle dei dipendenti e allungando il blocco del turn over – conclude Pacifico – si punti, piuttosto, a rilanciare l’economia investendo su una maggiore professionalizzazione del personale e una vera digitalizzazione dell’intero apparato pubblico”.