Infliggere delle sanzioni ai docenti meno produttivi farebbe tornare il sistema scolastico italiano indietro di cento anni. Ma se proprio dobbiamo introdurre un sistema di valutazione di questo genere, allora si parta dall’alto: chiedendo ai ministri degli ultimi governi un adeguato risarcimento per i danni erariali e organizzativi arrecati all’istruzione pubblica. È la risposta dell’associazione sindacale Anief all’ennesima intervista rilasciata dal Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, attraverso cui promette di impegnarsi per dividere gli insegnanti tra buoni e cattivi. Con i primi “meritevoli promossi con un premio di produttività” e i secondi cui è giunto il momento di infliggere “sanzioni, se non viene garantito un livello minimo di qualità”.
Anief non può tollerare che un Ministro della Repubblica attacchi quotidianamente dei dipendenti dello Stato che hanno già dimostrato, a delle commissioni dello Stato, di possedere requisiti e competenze per svolgere il mestiere dell’insegnante. Come non può accettare che si imputi al sindacato la colpa “di tutelare tutta la categoria”, perché “tanti iscritti garantiti allo stesso modo vogliono dire più potere del sindacato”. Le organizzazioni sindacali, rispondiamo a Giannini, non fanno altro che condurre la mission per cui sono nate.
Ma il Ministro si supera quando sostiene che “se dobbiamo lavorare con la spada di Damocle delle sentenze dei giudici, sarà difficile migliorare i servizi scolastici”, mentre per risolvere certi supposti ‘mali’ “basterebbe seguire l’esempio delle università”.
“Se insegnanti, Ata e dirigenti sono costretti a rivolgersi ai giudici – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è solo perché esistono delle norme sbagliate che ledono i loro diritti. E poi, piuttosto che prendersela con chi ogni giorno garantisce la crescita culturale e professionale dei nostri giovani, il Ministro farebbe bene a rivedere gli errori commessi quando era Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia”.
“A proposito di Università, appare davvero curioso che Giannini la prenda come esempio, perché si tratta di un settore affossato dalle assennate politiche degli ultimi anni: come si fa a considerare positiva l’organizzazione di un sistema formativo che detiene un tasso di iscritti in caduta libera e di abbandoni che coinvolgono ormai la metà dei frequentanti? Forse – conclude il rappresentante Anief-Confedir – si riferiva all’Università italiana quando era un vero ascensore sociale, prima che arrivassero rettori e ministri più realisti del re?”.