Negli anni ‘90, le tre province dei Paesi baschi (Álava, Vizcaya e Guipúzcoa) hanno concesso a talune imprese aiuti di Stato sotto forma di una riduzione della base imponibile e di un credito d’imposta del 45% degli investimenti. Con sei decisioni dell’11 luglio 2001 , la Commissione ha dichiarato questi aiuti incompatibili con il mercato interno. Essa ha ordinato pertanto alla Spagna di sopprimerli e di adottare tutte le misure necessarie per recuperare gli aiuti già versati presso i beneficiari. Avendo constatato che tutti questi aiuti non erano stati recuperati, nel 2003 la Commissione ha proposto alcuni ricorsi per inadempimento dinanzi alla Corte di giustizia. Quest’ultima, con sentenza del 14 dicembre 2006 , ha dichiarato che la Spagna era venuta meno all’obbligo a essa incombente di adottare le misure necessarie per conformarsi alle decisioni della Commissione. Poiché riteneva che la Spagna non avesse dato completa esecuzione alla sentenza del 2006, la Commissione ha deciso di introdurre, nel 2011, un nuovo ricorso per inadempimento. La Commissione ritiene che gli importi non ancora recuperati all’atto della presentazione del ricorso rappresentassero circa l’87% del totale degli aiuti illegittimi da recuperare. In seguito, la Commissione ha accertato che la Spagna aveva dato integrale esecuzione alla sentenza del 2006 in pendenza del giudizio dinanzi alla Corte, cosicché essa ha rinunciato alla sua domanda di condanna a una penale pur confermando la sua domanda di condanna a una somma forfettaria il cui importo, a suo parere, dovrebbe essere stabilito pari a circa 65 milioni di euro .
Nella sua odierna sentenza la Corte giudica che la Spagna non ha dato corretta esecuzione alla sentenza del 2006. La Corte rileva infatti che, alla data del 27 agosto 2008 (giorno di scadenza del termine stabilito dalla Commissione in un parere motivato inviato alla Spagna per consentire a quest’ultima di dare esecuzione alla sentenza del 2006), gli aiuti illegittimi non erano stati integralmente recuperati dalle autorità spagnole, come ammesso persino da queste ultime.
In risposta a un argomento della Spagna, la Corte dichiara che non è suo compito precisare, per ciascuna delle sei decisioni del 2001, quali somme non siano state ancora recuperate, bensì che è la Spagna che deve verificare la posizione individuale di ciascuna impresa interessata e calcolare l’importo esatto degli aiuti da recuperare in applicazione delle decisioni controverse. Tenuto conto delle circostanze del caso di specie, la Corte ritiene giustificato condannare la Spagna al pagamento di una somma forfettaria. Essa rileva, infatti, che la procedura di recupero degli aiuti illegittimi si è protratta per più di cinque anni dopo la pronuncia della sentenza del 2006 e ciò senza alcun rapporto con le difficoltà connesse al recupero degli aiuti. Inoltre, gli aiuti illegittimi si rivelano particolarmente nocivi per la concorrenza a causa della rilevanza del loro importo e del numero elevato dei beneficiari, per cui questi ultimi dovevano essere rapidamente privati del vantaggio di cui hanno illegittimamente goduto rispetto ai loro concorrenti. Infine, la Corte rileva che la Spagna è già stata oggetto di diverse sentenze per inadempimento per omesso recupero immediato ed effettivo di aiuti illegittimi . Secondo la Corte, una siffatta reiterazione di violazioni da parte di uno Stato membro è tale da richiedere l’adozione di una misura dissuasiva, quale la condanna al pagamento di una somma forfettaria.
Poiché considera che la limitazione dell’infrazione a un’unica regione autonoma non è tale da attenuare la gravità dell’inadempimento accertato, la Corte giudica giustificato, in considerazione della capacità di pagamento della Spagna, di condannare detto Stato al pagamento di una somma forfettaria pari a 30 milioni di euro.